LA RICERCA DEL LAVORO IN GIAPPONE

LA RICERCA DEL LAVORO IN GIAPPONE

In questo post racconterò come avviene la ricerca del lavoro in Giappone. Conoscendo nel dettaglio l’efficienza di questo sistema si può capire perché il tasso di disoccupazione giovanile giapponese sia tanto basso. Racconterò cosa significhi per un giapponese neolaureato cercare un lavoro, e in cosa consista questo percorso che porta alla lettera di assunzione. Non mancherò di includere anche alcune mie riflessioni personali sui risvolti più oscuri di questo processo, che ho avuto modo di sperimentare in prima persona. Premetto che esistono anche altre modalità, meno estreme e più “internazionali”, di cercare lavoro in Giappone ma in questa sede parlerò dell’iter considerato “standard”. Buona lettura!

I numeri dicono tanto (ma non tutto)

Tanto per cominciare, un’occhiata ai numeri. Disoccupazione giovanile tra il 3.6% e il 3.8% a fronte di un tasso generale di disoccupazione nazionale che oscilla intorno al 2.4% (2019). Ergo: in Giappone c’è lavoro, e pure parecchio. Ma forse non si tratta solamente di quantità di posti di lavoro: l’alto tasso di occupazione va interpretato anche in funzione del peculiare sistema di recruiting. La ricerca del lavoro in Giappone avviene infatti secondo un sistema tanto rigido quanto efficiente.

ricerca del lavoro in giappone
La “corsa” al posto migliore.

Come inizia la ricerca del lavoro in Giappone?


La ricerca del lavoro in Giappone non consiste solamente nello stampare decine di CV e distribuirli tipo stelline ninja alle aziende, oppure spammare l’indirizzo e-mail delle risorse umane indirizzandosi a chi di competenza e attendere “la chiamata”. No. Tanto per cominciare bisogna creare un profilo su determinati motori di ricerca specializzati nella raccolta di inserzioni di lavoro, come Rikunabi, Mynavi, Recruit o Indeed solo per citare i più famosi. Questi motori di ricerca raggruppano le offerte di tutte le aziende (principalmente giapponesi ma non solo), che assumono sul territorio nazionale. I suddetti motori di ricerca sono praticamente gli unici luoghi da cui è possibile accedere alle inserzioni di lavoro per alcune specifiche aziende, tra cui i grandi colossi.

Ricerca del lavoro in Giappone: le tempistiche

Una volta creato il proprio profilo accademico e all’occorrenza professionale (questo nel caso di un chūtosaiyō 中途採用, ossia di un cambio di lavoro) si è in grado di iniziare il processo di ricerca. Qui è necessario porre il primo asterisco: diversamente dall’Italia, la ricerca del lavoro in Giappone massiccia, quella in cui viene assegnato il grosso dei posti disponibili, non avviene durante tutto l’arco dell’anno. Le cose stanno cambiando di anno in anno, ma ancora esistono delle stagioni di reclutamento stabilite a livello nazionale i cui termini sono piuttosto rigorosi. Senza menzionare poi il fattore età. Chiaramente c’è chi prosegue gli studi universitari di base e frequenta master, dottorati di ricerca e così via, ma a onor del vero la maggior parte degli studenti universitari giapponesi inizia a lavorare immediatamente dopo il Bachelor. Quindi anche l’età dei partecipanti al processo di selezione è piuttosto omogenea, e oscilla tra i 20-21 anni.

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Studenti al terzo anno di università in lizza per conquistare un posto nelle migliori aziende.

Durata del processo di ricerca del lavoro in Giappone

Perché? Il processo di ricerca di un lavoro (il cosidetto shūshokukatsudō 就職活動 abbreviato per praticità in shūkatsu 就活) non inizia in coincidenza con la laurea, bensì circa un anno e mezzo prima della laurea stessa. L’anno accademico inizia in aprile e in linea di massima tutti gli studenti giapponesi si laureano a fine marzo, al termine del quarto anno di iscrizione. Non esistono in linea di massima eccezioni a questa regola. Dunque, lo shūkatsu inizia in genere verso l’autunno del penultimo anno di università (il terzo, quindi) e prosegue fino alla primavera inoltrata (in alcuni casi anche giungo, luglio) dell’anno seguente. Se tutto va bene il processo dura circa 5-6 mesi e corrisponde al periodo a cavallo tra il terzo e il quarto anno accademico. Al termine di questo processo, verso maggio o giugno, si sarà ottenuto un lavoro il cui inizio è previsto per il primo aprile dell’anno seguente, in modo da iniziare a lavorare praticamente il giorno successivo alla laurea, aenza pause. Insomma, tirando le somme, da quando si inizia a cercare un lavoro a quando si inizia effettivamente a lavorare passano circa sedici mesi. Di questi sedici mesi, circa sei vengono dedicati completamente alla riuscita dello shūkatsu e i restanti dieci servono ufficialmente a terminare gli eventuali esami e a scrivere la tesi. Ma la verità è un po’ diversa: in genere ne approfittano tutti per godersi un po la vita, consapevoli che una volta diventati shakaijin 社会人(letteralmente “persone della società”, ossia lavoratori) le cose cambieranno nettamente.

Lo shūkatsu, passo per passo

Vediamo più da vicino in cosa consiste lo shūkatsu, ossia il processo di ricerca del lavoro in Giappone. “Si tratta di fare colloqui di lavoro, no?”, direte voi. Piano, non c’è fretta… procediamo con calma. Anzi, il colloquio in sé è forse l’ultima tappa del processo. Innanzitutto bisogna selezionare le aziende di interesse tramite i motori di ricerca menzionati precedentemente.

Setsumeikai: le giornate di presentazione

Come prima cosa ci si deve iscrivere alle setsumeikai 説明会 (giornate di presentazione delle single aziende) e inizia così il processo. Si partecipa alla setsumeikai dell’azienda X insieme a tutti gli studenti (rigorosamente tutti nella stessa fascia di età) provenienti da tutto il Giappone, interessati a essere assunti da quella azienda. L’iter può cambiare a seconda dell’azienda, ma in linea di massima segue, dopo la setsumeikai, un test della personalità.

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Le giornate in cui le singole aziende si presentano ai candidati da tutto il Paese.

I test scritti

Immaginate un aula piena di studenti (tutti rigorosamente in giacca e cravatta o in tailleur) che ascoltano una voce registrata leggere tre domande al minuto per un totale di circa cinquanta questiti (il tutto in giapponese ovviamente) alle quali rispondere scegliendo “Mi riguarda”, “Mi riguarda poco”, “maancheno”, ecc. In un’altra giornata, o anche durante la stessa, a volte, si viene sottoposti al test scritto: SPI. Tre materie principali vengono testate: giapponese, calcolo e logica. Chi supera i test scritti (idoneità al test psicologico e all’SPI) accede alla fase di selezione del curriculum e di eventuali altri documenti (lettere motivazionali, ecc) richiesti da azienda in azienda.

Il CV in Giappone: modalità di compilazione e contenuti

… questa è la parte che preferisco: il CV (o rirekisho 履歴書). Quando racconto di questa usanza agli stranieri, rimangono sempre tutti abbastanza di sasso. Il CV per la ricerca del lavoro in Giappone deve essere rigorosamente a mano compilando l’apposito formato e spedendito per posta ordinaria. È d’obbligo allegare la propria fotografia (che deve rispondere a determinati standard) e i contenuti da inserire, come indicato nel template, riguardano: 1) il proprio percorso di studi, 2) le certificazioni che si posseggono, 3) hobby e interessi, 4) la propria motivazione al lavoro e uno spazio in cui promuovere se stessi per la posizione in questione. Questo è il modulo di base per tutti, specialmente i neolaureati privi di esperienze lavorative. A parte, invece, per chi stesse cercando di cambiare lavoro, esiste un altro form chiamato shokumu keirekisho 経歴書 in cui bisogna elencare nel dettaglio le esperiene lavorative pregresse.

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Il mio CV, rigorosamente scritto a mano.

La sfilza di colloqui fino alla “promessa di assunzione”

Se anche questo step viene superato si accede alla fase dei colloqui. Prima di gruppo, poi individuali, per un totale di circa tre o quattro sessioni in tutto. Il superamento dell’ultimo colloquio con i mega vertici in genere determina il “sì” o il “no” per l’assunzione. Per essere precisi, il naitei 内定(“decisone interna”, una promessa informale di assunzione, che viene formalizzata in un secondo momento). Moltiplicate ora tutto questo processo per almeno una trentina di aziende (il numero di aziende che gli studenti giapponesi selezionano in media per essere certi di ottenere almeno un naitei), ecco che i sei mesi di shūkatsu sono una griglia fitta fitta di impegni, tanto da poter considerare la ricerca del lavoro in Giappone un vero e proprio lavoro a tempo pieno di per sé.

Luci e ombre dello shūkatsu

Il sistema della ricerca del lavoro in Giappone, nella sua innegabile complessità, presenta luci e ombre. Può essere tacciato di eccessiva severità e rigidità (e lo è, garantisco!) ma d’altro canto è un metodo efficiente che 1) smuove l’economia nazionale in maniera considerevole (l’abbigliamento per lo shūkatsu, il trucco per lo shūkatsu, le spese di trasporto fino alle sedi delle aziende da tutti gli angoli del Paese, i pasti consumati fuori casa, l’acquisto dei CV da compilare e dei manuali di preparazione all’esame scritto, e così via) e che 2) garantisce quasi con certezza a tutti i neolaureati giapponesi di ottenere un posto di lavoro, discretamente retribuito e con concrete prospettive di assunzione a tempo indeterminate.

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Gruppo di studentesse in pausa tra una Setsumeikai e la seguente.

Un sistema efficiente ma non perfetto.

Vorrei aprire una parentesi relativamente al quasi di qualche linea in alto. Purtroppo il sistema non è perfetto al 100% e ovviamente buona parte dell’esito del processo dipende dai singoli candidati, un aspetto che il sistema per la ricerca del lavoro in Giappone non può controllare fino in fondo. Una percentuale, seppur minima, di studenti non esce vincitrice dalla battaglia efferata dello shūkatsu. I mesi passano senza ottenere il tanto agognato naitei e la stagione di reclutamento si conclude con un insuccesso. Lo studente che non ottiene alcun naitei entro luglio, non ha altra scelta se non attendere dicembre e ricominciare da capo l’intero processo, perdendo un anno rispetto ai suoi coetanei e diventando ryūnensha 留年者 (ossia coloro i quali non hanno trovato un lavoro nei tempi prestabiliti e al contempo non essendo più studenti “perdono il treno” rimanendo temporaneamente incastrati in un limbo scomodo). Un processo più o meno standard per l’italiano medio “fuori corso”, ma decisamente raro e poco auspicabile in Giappone.

Risvolti drammatici della ricerca del lavoro in Giappone

Esiste un risvolto drammatico – e uno ancora più drammatico – a tutta questa vicenda. Il ryūnensha, nei mesi di attesa prima della nuova stagione di reclutamento è tenuto comunque a tornare in università per continuare la tesi e il resto delle pratiche. Presentarsi sconfitti in università può essere molto difficile. Tra gli studenti di quell’età, nei mesi successivi alla fine dello shūkatsu, l’argomento più comune è proprio dove si lavorerà dall’aprile dell’anno seguente. Non avere ottenuto un posto di lavoro è una verità dolorosa, complicata da accettare e da confessare, all’interno di una società omogenea che si muove insieme e che tiene in grande considerazione i vari step della vita, traguardi da raggiungere al momento opportuno. Convivere con un fallimento del genere porta la maggior parte dei ryūnensha a evitare il discorso e quindi a nascondersi dalla società. I più ottimisti dopo un periodo di comprensibile abbattimento si riprendono e tornano sul campo di battaglia l’anno seguente. I più negativi, purtroppo, non vedono via d’uscita e incappano in problemi di consistente spessore come depressioni e fobie. Altri, una minoranza per fortuna, lasciano questa vita per sempre.

La ricerca e l’ottenimento di un posto di lavoro rappresentano un punto cruciale della vita di ogni giapponese, che corrisponde al passaggio dalla precedente condizione di “studente” a quella di “persona della società”. Raggiunto questo nuovo status, sulle spalle dell’individuo viene scaricata una serie di nuovi obblighi e responsabilità. L’indipendenza economica reca con sé certamente il godimento di un nuovo assetto di privilegi, ma nel complesso sono più i doveri che i diritti. O meglio, più i doveri che i piaceri. Il processo di ricerca del lavoro in Giappone, lo shūkatsu, potrebbe essere paragonato a un rito di iniziazione a tutti gli effetti, il quale sancisce per ciascun giapponese la promozione (o la bocciatura) al gradino successivo della “scala evolutiva” in quanto animali sociali all’interno della società giapponese.

Qui trovate il link alla prima LIVE di Instagram sul tema “La ricerca del lavoro in Giappone” insieme alla mitica Fabiana Andreani, esperta in orientamento al mondo del lavoro e carriera.

Matrimoni gay in Giappone: un grande passo verso l’uguaglianza

Matrimoni gay in Giappone: un grande passo verso l’uguaglianza

Negare il riconoscimento dei matrimoni gay in Giappone è incostituzionale

Lo scorso 17 marzo 2021 il tribunale di Sapporo, Hokkaido, ha acceso di speranza la comunità LGBT giapponese con una storica sentenza. La corte del tribunale distrettuale, presieduta dal giudice Tomoko Takebe, ha infatti dichiarato incostituzionale il rifiuto di riconoscere i matrimoni gay in Giappone.

Un po’ di background. L’antefatto alla sentenza di Sapporo

Il 14 febbraio 2019 tre coppie LGBT residenti in Hokkaido (2 coppie di uomini e 1 di donne), hanno avviato un’azione legale congiunta contro il governo giapponese. La denuncia scaturisce dalla mancata approvazione della loro richiesta di matrimonio, consegnata alle istituzioni il mese di gennaio dello stesso anno. La tesi è di incostituzionalità del Codice civile(民法)e del Family Register Act (戸籍法) la cui interpretazione non permette ad oggi i matrimoni gay in Giappone.

Cause attive riguardanti i matrimoni gay in Giappone

Attualmente le cause intentate al governo per il mancato riconoscimento dei matrimoni gay in Giappone, ammontano a 28. Sono sparse in tutto il Paese da Tokyo a Osaka, Fukuoka, ecc. La sentenza del tribunale di Sapporo è la prima a giudicare incostituzionale questo rifiuto e segna perciò un traguardo storico.

Le richieste dei querelanti

La causa intentata dalle tre coppie verte su due punti:

1) L’incostituzionalità del Codice civile e del Family Register Act

2) La richiesta di risarcimento di 1 milione di yen (circa 8.000 Euro) a testa per i danni morali e psicologici subiti a seguito dell’impossibilità di unirsi in matrimonio

Gli articoli della Costituzione incriminati

La tesi sostenuta dai querelanti è che, stando all’articolo 24 della Costituzione giapponese, “il matrimonio sussiste con il consenso di entrambi i sessi”(婚姻は、両性の合意のみに基いて成立). Questo non precluderebbe i matrimoni gay, ma sarebbe da intendere come un’unione tra adulti consenzienti. Inoltre questo genere di discriminazione basata solo sull’orientamento sessuale, rappresenterebbe una violazione dell’articolo 14 della Costituzione, che stabilisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti la legge. Si ritiene violato anche l’articolo 13 che ha lo scopo di garantire il diritto alla felicità e alla realizzazione personale di tutti i cittadini.

Il risultato della sentenza

Vittorie…

Impedire a due persone di unirsi in matrimonio solo sulla base del loro orientamento sessuale, qualcosa che l’individuo non ha la facoltà di scegliere né cambiare, è da considerarsi un trattamento discriminatorio.

Sapporo, Tribunale distrettuale (17 marzo 2021)

La vittoria storica di cui parliamo è quella relativa al punto 1) ossia l’incostituzionalità della negazione del matrimonio alle coppie LGBT. La sentenza del tribunale distrettuale di Sapporo afferma che il rifiuto di unire in matrimonio due individui dello stesso sesso viola la il concetto di “uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge” come stabilito dall’articolo 14. Inoltre, “impedire a due persone di unirsi in matrimonio e di godere dei benefici da esso derivanti solo sulla base dell’orientamento sessuale, qualcosa che l’individuo non ha la facoltà di scegliere né cambiare, è da considerarsi un trattamento discriminatorio” e pertanto in opposizione a quanto affermato dalla Costituzione stessa.

「性的指向は人の意思で選択、変更できない。同性愛者が婚姻によって生じる法的効果の一部すら受けられないのは、立法府の裁量の範囲を超えた差別的な扱いだ」

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17 marzo 2021, Tribunale distrettuale di Sapporo. “Marriage For All Japan” festeggia la sentenza

..e anche sconfitte.

La Corte Suprema ha tuttavia rifiutato di riconoscere come incostituzionale gli articoli 24 e 13. L’articolo 24 della Costituzione giapponese parla di entrambi i sessi interpretando il concetto come “uomo e donna” e pertanto “i matrimoni gay non sono contemplati”. Se l’articolo 24 della Costituzione, specifico sul matrimonio, non è stato ritenuto problematico da un punto di vista giuridico, non può essere considerato incostituzionale neanche l’articolo 13, dai contenuti molto più generici. Il matrimonio è interpretato come un vincolo legale stipulato da “entrambi i sessi” con lo scopo di costituire un nucleo famigliare (fūfu 夫婦) e generare figli (articolo 89 del Codice civile, 1896, e articolo 224 del Family Register Act, 1947). Testi nati in uno specifico periodo storico in cui l’omosessualità era considerata una malattia.

Leggi anche l’usanza dei matrimoni di facciata in Giappone.

Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento, invece, lo Stato non ha riconosciuto fallace la mancanza di un’azione legale tempestiva da parte degli organi legislativi competenti. Il discorso sulla legalizzazione dei matrimoni gay in Giappone è iniziato solo nel 2015 e la sentenza di Sapporo è a tutti gli effetti la prima a deporre a favore della causa. Rifiutando l’accusa di negligenza, la Corte Suprema ha respinto la richiesta.

La conferenza LIVE di “Marriage For All Japan”

Il 25 marzo si è tenuto in diretta sul canale Youtube dell’associazione Marriage For All Japan, impegnata da sempre nel riconoscimento del diritto di matrimonio alle coppie LGBT giapponesi, una conferenza di presentazione della storica sentenza. Alla conferenza, che si è svolta presso la aule della Dieta nazionale del Giappone, hanno partecipato esponenti del governo, politici di vari partiti oltre che i rappresentanti dell’associazione Marriage For All Japan e una folta schiera di giornalisti.

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Alcuni membri di “Marriage For All Japan”. All’estrema destra, uno degli avvocati di punta dell’associazione, Takeharu Kato

Ho seguito la conferenza live (che è durata due ore e mezza, sforando di mezz’ora il programma inziale per la ricchezza dei contenuti). Tra tutti gli interventi, carichi di valore politico, legale o emozionale che sia, vorrei sottolineare soprattutto la precisione e la lucidità dell’esposizione dell’avvocato Takeharu Kato. Kato, rappresentante legale di Marriage For All Japan, ha esposto la panoramica della vicenda e i suoi possibili risvolti con estrema chiarezza.

Matrimoni gay e l’opinione pubblica giapponese

Dal 2015, anno in cui la circoscrizione di Shibuya ha introdotto per prima in Giappone il sistema della certificazione di partnership per le coppie LGBT, sono stati condotti nel Paese sondaggi sull’opinione pubblica in merito alla questione dei matrimoni gay.

Il primo sondaggio del 2015 sui matrimoni gay in Giappone

Il sondaggio del 2015 ha preso in esame un campione di 2600 persone (1259 le risposte valide) di entrambi i sessi dai 20 ai 79 anni di età. Alla domanda: “Sei favorevole ai matrimoni gay?” ha risposto in maniera affermativa (“Favorevole” e “Abbastanza favorevole”) il 51.1% degli intervistati. Il 71% dei soggetti tra i 20 e i 30 anni hanno risposto in maniera favorevole, e all’aumentare della fascia d’età aumentavano anche i pareri contrastanti (24.2% per gli ultra settantenni).

Molti degli intervistati hanno inoltre risposto che non sarebbero contenti se uno dei propri figli fosse omosessuale (46%) o se lo fosse uno dei propri fratelli (38%). Nonostante i pareri sostanzialmente favorevoli ai matrimoni gay, erano ancora forti i pregiudizi e l’attaccamento all’idea di famiglia tradizionalmente intesa.

Il secondo sondaggio del 2019 sui matrimoni gay in Giappone

Un secondo sondaggio si è svolto nel 2019 su un campione effettivo stavolta di 2632 individui di ambo i sessi e fasce d’età miste. La percentuale degli intervistati che si è detta favorevole ai matrimoni gay è aumentata al 64.8% registrando l’80% tra i giovani di 20-30 anni. Inoltre la percentuale di tutte le risposte negative (“Non sarei content* se qualcuno dei miei vicini/ colleghi/fratelli/ figli fosse gay) è sensibilmente diminuita. Si riscontra un’incidenza maggiore tra le donne rispetto agli uomini intervistati, specialmente tra la fascia d’età dei 40-50 anni.

La legge contro la discriminazione: Equality Act Japan

Qualche tempo fa ho condiviso sul mio profilo Instagram la campagna Equality Act Japan, una campagna internazionale di raccolta firme per l’introduzione in Giappone di una legge antidiscriminatoria volta a garantire l’uguaglianza dei cittadini LGBT.

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Il comitato organizzatore della campagna “Equality Act Japan” alla consegna delle firme

La campagna raccolta firme di Equality Act Japan

La campagna Equality Act Japan è stata lanciata e coordinata da tre enti che hanno lavorato insieme creando eccezionali sinergie. Si tratta di Japan Alliance for LGBT Legislation, Human Rights Watch e Athlete Ally.

La raccolta firme si è tenuta nel periodo dal 15 ottobre 2020 al 21 febbraio 2021. L’esito della campagna è stato ufficialmente presentato in una conferenza LIVE presso la Dieta nazionale nella mattinata del 25 marzo. Proprio lo stesso giorno in cui Marriage For All Japan ha presentato il resoconto della vittoria storica riportata a Sapporo.

Un atteggiamento discriminatorio basato esclusivamente sull’orientamento sessuale non è ammissibile.

Primo Minostro, Yoshihide Suga

In tutto sono state raccolte 106,250 firme consegnate ai rappresentati del governo e al direttivo dei giochi olimpici. Il comitato rappresentativo dell’iniziativa afferma che il Giappone, in quanto Paese ospitante dei giochi olimpici, ha il dovere e la responsabilità di garantire la sicurezza e il benessere degli atleti. Urge pertanto l’istituzione di una legge contro la discriminazione delle persone LGBT.

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Firme raccolte in occasione della campagna internazionale “Equality Act Japan”

La campagna ha sortito reazioni di speranza. La prefettura di Mie, per prima in assoluto, ha approvato una legge che viete l’outing e la discriminazione dei cittadini LGBT.

Inoltre, all’interrogativo posto al Primo Ministro Suga, circa l’inadeguatezza del Giappone a ospitare la olimpiadi senza una legge adeguata contro la discriminazione delle minoranze sessuali, Suga risponde: “Un atteggiamento discriminatorio basato esclusivamente sull’orientamento sessuale non è ammissibile”.

Per concludere, ma non troppo…

Il Giappone è l’unico paese del G7 a non riconoscere i matrimoni gay né la protezione legale delle persone LGBT dalla discriminazione.

La questione dei matrimoni gay e la salvaguardia dei diritti dei cittadini LGBT è un tema caldo in continua evoluzione. Questo articolo verrà costantemente aggiornato.

Gita allo Snow Monkey Park di Nagano

Gita allo Snow Monkey Park di Nagano

In Giappone anche le scimmie amano immergersi e rilassarsi negli onsen, le famosissime vasche termali naturali giapponesi. E se è vero che gli onsen sono diffusi in tutto il Paese, la regione montagnosa in corrispondenza dell’odierna prefettura di Nagano nell’entroterra del Giappone, ne è particolarmente ricca. Siamo andati allo Snow Monkey Park di Nagano e questo è l’itinerario del nostro breve ma rilassante viaggio nella natura profonda della regione di Shinshu.

Le scimmie (nihonzaru) che abitano le foreste della prefettura di Nagano si godono senza sconti i piaceri degli onsen, e le abbiamo viste crogiolarsi con i nostri occhi al famoso Snow Monkey Park nei pressi della località termale di Yudanaka Onsen.

Una gita di due giorni alle terme e allo Snow Monkey Park di Nagano per staccare la spina

Avevo bisogno di staccare la spina dalla vita frenetica di Tokyo e insieme a tre fantastici compagni di viaggio sono andato alla scoperta delle meraviglie della prefettura di Nagano. Vi racconto nel dettaglio il nostro itinerario di viaggio, che consiglio a chi volesse visitare il celebre Snow Monkey Park di Nagano ma non avesse troppi giorni a disposizione. Alla fine dell’articolo trovate il resoconto con i costi del viaggio!

Itinerario di viaggio. Day 1

Da Shinjuku a Nagano

Partiamo dalla partenza, e scusate il gioco di parole. Potevamo prendere lo shinkansen da Tokyo, ma abbiamo scelto il bus. Io preferisco di gran lunga viaggiare in autobus piuttosto che in treno, e si risparmia anche parecchio. Con gli autobus della compagnia WILLER EXPRESS siamo partiti alle 8:55 a.m. dal Bus Terminal di Shinjuku (South Exit) e siamo arrivati alla stazione di Nagano alle 12:38.

Nagano città è una ridente (oh! oh! oh!) località di montagna nella vecchia regione dello Shinshu. Famosa per le piste da sci, i paesaggi montagnosi, la natura incontaminata, gli onsen ovviamente e forse un po’ anche per il libro Kafka sulla spiaggia di Haruki Murakami. Non dista molto da Tokyo ma non c’ero mai stato.

A pranzo spiedini fritti (e una bella carica di vintage)

Arrivati giusto in tempo per il pranzo siamo andati a mangiare in una tavola calda specializzata in kushiage (spiedini fritti di verdure, carne e pesce) completamente a caso nei pressi della stazione. Scelta vincente. Al di là della squisitezza del cibo, l’atmosfera super vintage di Kakashi, così si chiama la tavola calda, ci ha dato il miglior benvenuto a Nagano. Il proprietario di Kakashi è un signore anziano dolcissimo, che non ci sente molto bene. Ho dovuto praticamente urlare per farmi capire, ma siamo riusciti a comunicare senza troppi problemi. Prepara con meticolosa dedizione il cibo, fresco tutti i giorni, e offre tanti menù diversi. Noi abbiamo scelto tutti il menù del giorno, per semplificare l’ordine visto che era da solo in negozio. Gli sgabelli bassissimi che sembravano fatti per i nani di Biancaneve alla fine si sono rivelati comodi (per le nostre altezze contenute).

kakashi nagano kushiage
Tavola calda “Kakashi”, Nagano City

A quanto pare, mi spiegava il proprietario, c’è una tradizione al ristorante Kakashi: chi mangia almeno 35 spiedini può firmare e appendere alle pareti una targa con il proprio nome e messaggio. Ne era pieno il locale, e lo inondava di famigliarità.

Il tempio Zenkoji, un luogo semplicemente unico e speciale

Dopo pranzo ci siamo incamminati alla volta del meraviglioso tempio Zenkoji, simbolo della di Nagano e importantissimo anche a livello nazionale. Eretto nel VII secolo d.C., si dice conservi la più antica statua di Buddha del Giappone. La particolarità del tempio Zenkoji, che lo rende unico nel suo genere, è quella di prescindere dalle varie scuole di pensiero buddhiste.

Nagano City
Mercato coperto e passeggiata a Nagano City, con le montagne di sfondo

Proprio in virtù della sua antichissima storia, si dice che il tempio Zenkoji esisteva in Giappone da prima della divisione del Biddhismo in varie correnti e questo concetto continua tutt’oggi rendendolo un luogo amichevole, equo, accogliente per chiunque. Una sorta di tempio sconsacrato conosciuto come famoso “power spot”, ossia un punto nevralgico per la concentrazione di energie positive.

Tempio Zenkoji (VI sec d.C.), Nagano
Tempio Zenkoji (VI sec d.C.), Nagano

Per farvi capire la particolarità di questo luogo: alle spalle del padiglione principale c’è un piccolo monumento dedicato alla posta. Alle lettere, ai pacchi, a tutto ciò che spediamo e che per qualche ragione si smarrisce nell’etere e non raggiunge il destinatario. Giuro, stavo per piangere dalla commozione.

monumento posta smarrita zenkoji
Monumento alla posta smarrita (tempio Zenkoji), Nagano

L’assenza di barriere concettuali di questo tempio e la credenza che visitandolo almeno una volta nella vita si possa accedere al Paradiso della Terra Pura, lo rendono uno dei luoghi più visitati in tutto il Giappone con circa 7 milioni di visitatori l’anno tanto religiosi quanto atei.

Io, che non sono mai stato troppo affascinato da questioni legate alla religione, personalmente ho trovato questo luogo rilassante, riconciliante, energetico, e ho amato assolutamente la fila di negozietti, caffetterie e ristorantini ai lati del lungo viale che conduce al tempio. Il tempo sereno e l’aria frizzantina hanno reso la visita a questo “power spot” a dir poco gloriosa.

zenkoji nagano
Viale che conduce al tempio Zenkoji, Nagano

Il ryokan

Tornati poi in stazione verso il pomeriggio inoltrato, abbiamo preso un treno locale (circa un’oretta) da Nagano alla stazione di Yudanaka Onsen, località termale dove avremmo pernottato. Abbiamo scelto tra tutte le opzioni il ryokan Hosei Hotel. Perché?

・è pulito e bello esteticamente

・è provvisto di onsen e rotenburo (vasca termale all’aperto)

・offrono il servizio navetta gratuito dalla stazione al ryokan e viceversa

・prezzi decisamente alla mano, cena e colazione incluse (vedi in fondo)

Hosei hotel ryokan Yudanaka
Hosei Hotel, Yudanaka Onsen

* Ho chiesto (e ottenuto eccezionalmente) il permesso ai proprietari per fare le foto nell’onsen. Non c’era nessuno in quel momento, ma di norma è severamente vietato.

Abbiamo prenotato su Booking.com, non dal sito dell’hotel. Era più pratico. Sul ryokan non ho molto da dire al di fuori di: assolutamente pazèsko! Atmosfera bella e amichevole, staff super disponibile, l’onsen era top (ma assicuratevi di chiedere qual è l’orario di pulizia in cui non sarà accessibile! Abbiamo rischiato grosso). Ottima anche la cena (kaiseki ryori tradizionale multi portata, ampiamente digerita giocando a Taboo e facendo reel burloni) e la colazione (tradizionale, ma in cui era disponibile anche a buffet con cibi più occidentali). Ci siamo immersi nell’onsen alla maniera giapponese, ossia tre volte: prima di cena, dopo cena, la mattina dopo prima di colazione. E poi, sayonara (purtroppo).

Itinerario di viaggio. Day 2

Snow Monkey Park, il parco delle scimmie di Jigokudani

Alle 10:00 di mattina, onsen-nati, colazionati e check-out-ati, abbiamo chiesto un passaggio allo staff di Hosei Hotel per farci accompagnare al parco delle scimmie di Jigokudani (Jigokudani Yaen Koen) per la nostra gita allo Snow Monkey Par di Nagano. Peccato che a metà marzo la “snow” non era pervenuta, ma ce lo aspettavamo. Onestamente è stato bello lo stesso, le scimmie si spulicchiavano, si facevano il bagno nell’onsen, ci fissavano con aria sfottente, ma penso che tutto innevato debba fare un effetto ancora più suggestivo.

jigokudani onsen snow monkey park
Jigokudani Onsen, locanda “Koraku-kan” (1864)

Allora, il focus del viaggio: il parco delle scimmie di Jigokudani, Snow Monkey Park di Nagano. Tra una cosa e l’altra siamo arrivati verso le 10:30 all’inizio del sentiero. Ci vuole mezz’ora a piedi (solo andata) dal punto di partenza all’ingresso del parco dove si trovano le scimmie. Si paga un biglietto di ingresso e si accede all’area con la pozza termale, il ruscello nella valle e decine e decine di macachi giapponesi che scorrazzano in libertà ovunque. Occhio, mi raccomando. Non sono pericolose ma giustamente non ci si può avvicinare, non le si può importunare. Rispettiamo sempre gli spazi reciproci (tranne quando arrivano loro a prenderti le cose di mano. Soprattutto se sono commestibili, infatti eviterei di tirare fuori cibo). Ci tengo a sottolineare che non si tratta di uno zoo. Le scimmie sono completamente libere di spostarsi ovunque vogliono (e se anche esistono delle recinzioni, sono assolutamente impercettibili per il livello di estensione dell’area).

Snow Monkey Park Jigokudani
Scimmie goduriose allo Snow Monkey Park, Jigokudani

Tenetevi da parte almeno un paio d’ore. Considerate un’oretta da passare lì allo Snow Monkey Park, se non qualcosina di più se amate fare fotografie. In più, un’ora tra salita e discesa. Il signore dell’hotel ci aspettava puntuale alle 12:30 per portarci poi, su nostra richiesta al centro del paesino termale di Yudanaka Onsen da cui avremmo fatto una passeggiata per le stradine romantiche di Shibu Onsen (un’altra località termale letteralmente attaccata a Yudanaka e raggiungibile a piedi).

Shibu Onsen. Una suggestiva passeggiata indietro nel tempo

Passeggiare per Shibu Onsen è paragonabile a un salto nel tempo di secoli. Nella località termale si respira una rinfrancante aria di tempi lontani e di tradizione. Pullula letteralmente di vasche termali. Sono 9 gli onsen del paesino, tutti attaccati tra di loro e tanti anche i punti di ashiyu, ossia le vasche termali in giro per la viuzze per mettere soavemente in ammollo i piedi. Non abbiamo fatto in tempo a fermarci, perché avevamo l’autobus di ritorno per Tokyo alle 16:00, ma una passeggiata (e un buon ramen in centro) ce la siamo fatta. Se avete tempo per una seconda notte, consiglio vivamente di pernottare a Shibu Onsen e fare il giro dei 9 bagni termali (si dice porti fortuna!).

Di ritorno a Tokyo…

Abbiamo ripreso il treno locale da Yudanaka Station alla volta di Nagano verso le 14:30. Arrivati a Nagano siamo saliti come da programma sulla corriera WILLER che avevamo prenotato con partenza alle 16:00 e siamo arrivati con qualche minuto di ritardo a Shinjuku verso le 19:30. Fine di un viaggio all’insegna della natura, l’aria pulita, chiacchierate intense alle terme, gioiosi primati più umani di tanti umani, un reel da ricordare e una vagonata di risate. Tanto, tanto, ma tanto benessere.

yudanaka onsen
Stazione di Yudanaka Onsen, prefettura di Nagano

Ricapitolo dei costi

Trasporti:

Autobus (WILLER) Shinjuku – Nagano 6,800 JPY a/r (circa 52 Euro)

Treno locale Nagano – Yudanaka Onsen 2,400 JPY a/r (circa 19 Euro)

Pernottamento:

Hosei Hotel (豊生ホテル) cena e colazione incluse 6,500 JPY/notte (circa 50 Euro)

Gite:

Snow Monkey Park, ticket 800 JPY (circa 6 Euro)

Pasti:

Pranzo a Nagano (Kakashi), menù del giorno 750 JPY (circa 5,50 Euro)

Ramen a Shibu Onsen (non ricordo il posto, ma non era particolarmente speciale), 750 JPY (circa 5,50 Euro)

Varie:

Snack e bevande per la sera in ryokan, 2,000 JPY (circa 15 Euro)

TOT: 20,000 JPY (circa 154 Euro)

Se cercate invece un itinerario per un viaggio ai tropici del Giappone, vi consiglio di leggere la mia avventura estiva a Ishigaki.

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Il Capodanno in Giappone

Il Capodanno in Giappone

Il Capodanno in Giappone mi piace molto, prima di tutto perché ti sottrae da quella tassa fissa di: “Che fai a Capodanno?”. Se in Italia si dice “Natale con i tuoi, Capodanno con chi voi”, in Giappone vale la regola opposta.

Il Capodanno è la festività giapponese di fine anno più importante. Quella, per intenderci, che si trascorre a casa con la famiglia. Il Natale, invece, è una giornata che spazia dal trash più spudorato di mega abbuffate tra amici a base di pollo fritto KFC, alla cena iper-chic nel ristorantino giusto con la dolce metà (magari in attesa di una proposta di matrimonio!).

Proprio perché il Capodanno in Giappone è una festa della famiglia, per molti stranieri non è scontato sperimentare il Capodanno giapponese tradizionale. Io, grazie al fatto di essere stato fidanzato con un ragazzo giapponese, ho avuto questa fortuna e vi voglio raccontare un po’ come è stato per me.

Fuori il vecchio, dentro il nuovo

I giapponesi, quando si avvicina la fine dell’anno, entrano in pieno mood Cenerentola e iniziano a “sistemare” come tante formichine allucinate. Sistemare il vecchio per prepararsi all’arrivo del nuovo. Loro non hanno le grandi pulizie di primavera, bensì quelle di fine anno (年末の大掃除, nenmatsu no ōsoji). Sistemano gli oggetti e sistemano anche il lavoro: lo “mettono a posto” (仕事納め, shigoto osame). Quando si avvicina la fine dell’anno, tutti in azienda (e non solo) si sbrigano a chiudere i progetti lasciati a metà, nella speranza di iniziare il nuovo anno a tabula rasa (ma raramente ci si riesce, è una chimera dei tempi moderni).

L’esodo dalle città alla periferia

Tutta questa corsa a “sistemare il lavoro” è mirata al poter lasciare serenamente la grande metropoli per tornare qualche giorno al proprio paese d’origine (帰省する, kisei suru). Si fa ritorno alla propria casa d’infanzia (実家, jikka) in cui vivono ancora i genitori, e ci si riunisce con la famiglia per trascorrere insieme quanto meno la vigilia di Capodanno (大晦日, ōmisoka) e il primo dell’anno(お正月, o-shōgatsu).

Passatempi di Capodanno

L’ultimo dell’anno non è accompagnato da vibranti fuochi d’artificio come in tutto il resto del mondo (“Che cosa? A Capodanno sparate i botti?!” Cit. Ex ragazzo giapponese), bensì da tanta quiete e silenzio. E un immancabile programma televisivo, “Kohaku Utagassen” (紅白歌合戦), che ricorda un po’ il nostro Festival di Sanremo per la parte canora, ma consiste nella gara tra due squadre (i Bianchi e i Rossi, due colori propizi e di buon auspicio) a suon di performance musicali. Il pubblico sovrano stabilisce con il televoto la squadra vincitrice. Attesissima l’esibizione sempre pazèska di Ishikawa Sayuri con la sua intramontabile “Amagigoe” (天城越え) o “Tsugarukaikyō Fuyugeshiki”(津軽海峡・冬景色). Adoro con tutto me stesso la bufera di cotone, coriandoli e polistirolo che puntualmente la avvolge come una musa delle nevi.

Un altro passatempo tipico del Capodanno in Giappone è il gioco karuta (かるた). Come lascia intendere il nome, è qualcosa che ha a che fare con le cartema non ha nulla a che vedere con la nostra briscola, sette e mezzo, bestia o quant’altro. Si può giocare a karuta in svariati modi, ma quello che noi abbiamo sempre fatto a Capodanno prevedeva l’accoppiare le carte di un mazzo in cui c’era scritto un proverbio all’altro mazzo in cui c’era un immagine che corrispondeva alla descrizione. Adoro, e ho imparato tantissimi proverbi!

Karuta Capodanno giapponese
Un tipico passatempo del Capodanno giapponese (karuta)

Lenticchie, cotechino… o forse no.

Il menù del periodo di Capodanno non è casuale, si mangiano pietanze ben precise. Verso novembre si cominciano a vedere in giro per la città sulle vetrine dei ristoranti scritte del tipo “Accettiamo ordini per i vostri o-sechi ryōri”(お節料理). Avete presente quelle scatole quadrate di resina laccata, accatastabili l’una sopra l’altra? Ecco, quelle. Il contenuto degli o-sechi ryōri può variare a seconda delle regioni, ma di base è sempre un set di pietanze considerate di buon auspicio, con dei significati precisi.

Per fare qualche esempio: i fagioli dolci e non (diligenza e frugalità), la radice di loto (che con i suoi buchi si dice porti fortuna perché lascia intravedere il futuro e lo rende più radioso), il kazunoko (数の子), una sorta di caviale che con le sue mille uova minuscole si dice porti salute e prosperità a figli e nipoti, ecc…

capodanno giapponese
Pietanze tradizioni del Capodanno giapponese (o-sechi ryōri)

E poi, diciamolo, sono cibi anche molto pratici. Li si prepara (compra, più che altro) impiegando molto tempo, ma trattandosi per lo più cibi che resistono qualche giorno non ci si deve alzare mai più da kotatsu (il tavolo riscaldato sotto), che è una meraviglia ma crea dipendenza, e ci si può ingozzare fino allo sfinimento.

Ma attenzione a lasciare uno spazietto per la soba di mezzanotte, la toshi-koshi soba (年越し蕎麦), ossia la ciotola di soba che si risucchia a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno in segno di augurio e prosperità. Gli spaghetti di soba, infatti, lunghi e sottili, simboleggiano un’esistenza longeva ma non molto intensa (細く長い人生). Mah, vado matto per la soba, ma non so se sono d’accordo con questa filosofia di vita opposta agli udon, corti ma spessi (太く短い). Ironico, perché gli udon invece non mi fanno impazzire.

Iniziare a pancia piena…

Il primo dell’anno comincia a bomba con la colazione tipica del Capodanno giapponese. Si chiama o-zōni (お雑煮) e consiste in una zuppa con verdure e il tipico tortino di riso mochi ammollato dentro. Anche questo è un piatto di buon auspicio per l’anno nuovo il cui significato risale al codice guerriero. La frase “innalzare il proprio nome”(名を持ち上げる), infatti, con un gioco di parole potrebbe essere letta anche così: “donare verdure e mochi”(菜を餅上げる).

…e pieni di buoni propositi

Terminata la colazione si procede ai buoni propositi dell’anno nuovo. Si scrive il proprio kakizome (書き初め), il concetto guida per l’anno incipiente, una frase, quello che si vuole, su un foglio bianco come vuole l’arte calligrafica tradizionale giapponese dello shodo. E poi li si appende in cucina, proprio come facciamo noi con i tanto amati scarabocchi che i bambini portano a casa dall’asilo (almeno, così ha fatto la madre del mio ex… all’inizio ero scarsissimo, e vedermelo attaccato al muro della cucina tutte le volte cheandavamo per un anno mi faceva puntualmente morire di imbarazzo).

Alle prese con il mio buon proposito...
Alle prese con il mio kakizome, il buon proposito dell’anno nuovo.

Poi siamo andati a fare visita al santuario vicino casa. La prima visita al santuario dell’anno si chiama hatsumōde (初詣). In molti pensano che la prima visita dell’anno si debba necessariamente svolgere in un jinja, santuario (shintoista), ma a quanto pare vale anche per gli o-tera, i templi (buddhisti). È indifferente, basta andare e pregare.

Tra l’altro, noi che siamo stati sempre pigri, abbiamo visto il conteggio dei rintocchi della campana joya no kane (除夜の鐘) alla mezzanotte del 31 dicembre in TV, ma parecchia gente accoglie la mezzanotte direttamente al tempio.

Hatusmode capodanno giapponese
La nostra prima visita al tempio (hatsumōde)

Eat, sleep, relax… REPEAT!

E poi si mangia, si dorme, ci si rilassa, si guarda la TV… and repeat. Questo è stato il mio Capodanno giapponese per tre anni consecutivi. A volte capitava che tornassi in Italia per Natale e poi rientrassi in Giappone appositamente per Capodanno, e con questo stratagemma mi beccavo la doppia vacanza tradizionale.

La magia delle feste dura poco, qualche giorno di riposo e poi tutti di nuovo a mandare avanti l’ingranaggio. Ma credo che le vacanze di Capodanno siano forse gli unici giorni dell’anno in cui i giapponesi si riposano davvero, e per una volta mettono giù la penna.

Ishigaki e le isole Yaeyama: l’estremo sud del Giappone

Ishigaki e le isole Yaeyama: l’estremo sud del Giappone

Se già mi seguite su Instagram, sapete che sono appena tornato da un viaggio a dir poco eccezionale a Ishigaki e altre isole dell’arcipelago delle Yaeyama! Sono un amante del mare, delle isole in particolare, e considerando il fatto che il Giappone è un arcipelago di migliaia di isole, e che attualmente non si può andare all’estero, ho optato (felicemente) per un viaggio estivo agli estremi tropicali del Giappone. Ne ho parlato in lungo e in largo sul mio profilo (tutto salvato nelle storie in evidenza!), documentando giorno per giorno i miei spostamenti, ma vorrei assolutamente parlarvene anche qui per tenere tutte le info insieme e consultabili a colpo d’occhio. Partiamo alla scoperta di questo meraviglioso arcipelago!

L’arcipelago delle Yaeyama

L’arcipelago delle isole Yaeyama si trova a sud, ma tanto a sud. Si fa molto prima ad andare a Taiwan che a Tokyo da lì. Le isole Yaeyama detengono due primati nella geografia giapponese: 1) il punto più a sud (isola di Hateruma), e 2) il punto più a ovest (isola di Yonaguni) di tutto il territorio nazionale. L’arcipelago delle Yaeyama appartiene alla prefettura di Okinawa, ed è composto da 32 tra atolli e isole di varie dimensioni, di cui solo 12 sono abitate e il resto è praticamente oasi, patrimonio nazionale e paradisi naturali incontrastati (non che le isole abitate siano da meno!).

Sono stato nell’arcipelago delle Yaeyama per un totale di 6 giorni. Un periodo troppo breve per visitare ogni singola isola e scoprire tutto quello che avrei voluto sapere su storia, cultura e paesaggi di questi paradisi tropicali. Ma per un primo assaggio, sono assolutamente soddisfatto dell’itinerario che ho costruito e ve lo racconto qui.

Giorno 1 – Arrivo a Ishigaki

Arrivo all’aeroporto di Ishigaki con un volo diretto da Tokyo (all’incirca 2h:30 di viaggio). Ho volato Peach, una low cost che ha voli diretti da Tokyo e Osaka, per un totale di 30,000¥ (circa 220€) a/r comprensivo di bagaglio da stiva che ho acquistato a parte. Ci volano chiaramente anche JAL e ANA ma personalmente trovo eccessivo pagare i loro prezzi-gioielleria per un volo di neanche tre ore. Up to you!

Ishigaki è l’isola principale dell’arcipelago delle Yaeyama, nonché punto di riferimento politico e culturale della regione, ma non la più grande per dimensione (Iriomote la frega, seppur di poco). Ho deciso di fare base a Ishigaki per il mio viaggio perché è oggettivamente l’isola più fornita dal punto di vista dei servizi. Qui dipende un po’ dalle vostre preferenze. Si può anche soggiornare sulle isole minori, il che è sicuramente molto romantico, ma bisogna tenere presente l’aspetto “sconvenienza”. Già Ishigaki è un luogo remoto (letteralemte!) agli antipodi del Giappone, figuriamoci le isolette ancora più inabissate: niente konbini, niente lampioni la sera (bello per le stelle però), niente bar, niente. Nel mio caso, sono contentissimo di aver scelto Ishigaki perché mi ha permesso di avere una discreta interazione con la popolazione locale, in quanto esistono quantomeno luoghi di ritrovo. Sono stato in un bar in particolare, di cui vorrei parlarvi, ma lo farò in un’altra sede perché quella è un’esperienza totalmente a sé e merita attenzione. Stay tuned!

Scorci della cittadina di Ishigaki. A destra una delle vie principali del piccolo centro dove si riuniscono bar e izakaya.

Il soggiorno alla Guest House Ashibina

Dunque, a Ishigaki ho scelto di pernottare vicino il porto perché sapevo che il traghetto sarebbe stato il mio miglior amico per i giorni a venire. Io sono stato alla Guest House Ashibina e ho ADORATO. La struttura in sé è semplicemente deliziosa, ma ancora più adorabili sono le persone che la gestiscono: una famiglia di quattro persone, Tomomasa e Megumi, con due bambine piccole, Iroha e Natsume. Stupende! E soprattutto vince per l’ottima posizione: 10 minuti a piedi dal porto, e altrettanti dal piccolo centro con izakaya, ristorantini, il mercato coperto, musei, qualche baretto, noleggio macchine, ecc… Accogliente, famigliare, confortevole e pulitissima. Prezzo di una notte in camera singola 5,000¥/ notte (circa 38€) e dai 2,500¥/ notte (circa 19€) per il dormitorio (mix o solo femminile). I proprietari parlano un po’ inglese! In questo video racconto la mia esperienza alla guest house Ashibina! Se vi va dategli un’occhiata.

Io ho prenotato su Airbnb, ma vedo che anche Booking.com ha ottimi prezzi per Ashibina e comunque applica la policy della cancellazione gratutita, quindi forse è più conveniente.

Il primo giorno mi è servito per famigliarizzare con i dintorni, fare un bel po’ di foto e… bruciarmi vivo mentre camminavo. Note to self: occhio al sole dei tropici… crema sempre e comunque. Lo sapevo, ma non imparo mai.

Giorno 2 – Taketomi

Non perdo tempo. Mi alzo e vado al porto. Ci sono un sacco di traghetti, non ho avuto problemi in questo. Assicuratevi solo di controllare l’orario dell’ultimo traghetto in partenza dall’isola in cui vi trovate per tornare a Ishigaki, e poi siete a cavallo! Insomma, ho preso il traghetto per l’isola di Taketomi. Mi ispirava per il suo aspetto intatto, l’atmosfera molto Ryukyu (l’antico regno insulare che corrisponde grossomodo alla odierna prefettura di Okinawa), le spiagge pazzesche… e la distanza: solo 10 minuti di traghetto da Ishigaki! Biglietto a/r adulto: 1,160¥ (circa 10€). A questo proposito, sappiate che esistono anche degli abbonamenti per i traghetti che partono da 6,800¥/3gg, ma attenzione che non tutti gli abbonamenti includono tutte le isole!

Sinistra: Kondoi Beach, isola di Taketomi. A destra: scorcio di un’abitazione locale a Taketomi.

Attenzione: quando al porto di Ishigaki si acquistano i biglietti del traghetto per Taketomi vi verrà chiesto se volete acquistare insieme anche il biglietto per salire sul carro trainato dai bufali, tradizionale mezzo di trasporto dell’isola. Se ne occupa la cooperativa per il turismo locale “Nitta” e volendo potete prenotare direttamente al porto di Ishigaki o anche direttamente a Taketomi. La gita sul carretto da sola costa 1,700¥ (circa 14€). Se prenotate insieme al biglietto del traghetto (acquistando il pacchetto al porto) è effettivamente un pelino conveniente economicamente, ma il giro con il carretto va effettuato necessariamente appena approdati sull’isola.

Detto ciò, occhio all’ora: se avete intenzione di svaccarvi in spiaggia (come me) e godervi il mare, controllate gli orari di alta e bassa marea. In base alle maree, le acque si ritirano al punto tale da costringerti a camminare davvero dei chilometri prima di riuscire a bagnarti le ginocchia! Questa informazione potrebbe influire sulle vostre scelte…

L’isola di Taketomi è un gioiello

Taketomi è semplicemente un gioiello. Bella, intatta, colorata, fiera. Piccolina, si gira in bicicletta senza troppa fatica. Appena arrivi al porto le varie compagnie di noleggio sono lì che ti propongono il loro pacchetto (sono tutti uguali da quello che ho capito, non si fanno concorrenza…), quindi ti caricano sul furgoncino e poi ti portano al loro garage. Dopo il briefing ti danno la bici e sei libero di scorrazzare! Si paga a seconda del tempo di noleggio. Ho pagato 2,000¥ (circa 16€) per tutta la giornata. Taketomi è abbastanza pianeggiante, quindi una normale bicicletta andrà benissimo.

Passeggiando per Taketomi: shiisaa, fiori e muretti di pietra.

Taketomi è un incantevole esempio di isola Ryukyu, l’antico regno che comprendeva tutte le isole tropicali che poi fu gradualmente annesso al Giappone con un lento (e doloroso) processo di occupazione e conquista a partire dal periodo Edo. L’architettura lo rivela, con i tradizionali muretti in pietra (ishigaki appunto) a fare da protagonisti ovunque, i leoni canini shiisaa, divinità protettrici di origine cinese collocati sui tetti o all’ingresso delle case a difesa dagli spiriti maligni, i tetti spioventi in tegole, le strade sabbiose e spesso impantanate (occhio con la bici!), il carretto con i bufali. Una cosa che mi ha colpito molto girovagando per l’isola sono le tombe. La struttura delle tombe poi è molto particolare: enormi, in pietra e in bella vista. Ogni tomba assomiglia più a un mausoleo che a una semplice tomba per via della dimensione imponente, che a quanto pare è sinonimo dell’influenza del defunto in società. Ho scoperto che un determinato periodo dell’anno (probabilmente aprile, ma la mia fonte tentennava) i famigliari del defunto si riuniscono intorno alla tomba del proprio caro e ne celebrano la memoria consumando un pasto seduti sul muretto di cinta. L’ho trovato molto bello. E poi ancora mille fiori colorati ovunque, natura incontrastata e spiagge cristalline… ecco, magari occhio ai corvi maledetti, vi dico solo che mi hanno rubato una canottiera mentre facevo il bagno.

Giorno 3 – Kohama & il rendez-vous tra i fondali oceanici

Giornata intensa. Avevo guardato il meteo e dava particolarmente bello, quindi non ho esitato e sono uscito di nuovo all’arrembaggio. Sono arrivato al porto e ho lanciato uno sguardo agli orari dei traghetti. Chi è in partenza? Tu? Bene, arrivo. Dov’è che si va? Ah, Kohama. Perfetto! Aspe’ che guardo dove sta magari… Ah ci piace. Vicino, una decina di minuti ed ero lì. Biglietto a/r adulto: 2,060¥ (circa 16€).

L’isola di Kohama nasconde un paradiso terrestre

L’isola di Kohama è stata un’altra grande sorpresa. Avevo visto che non c’era granché da vedere in termini “culturali”, è un’isola più che altro di bellezze naturali. Piccolina, si gira in bici, quindi ho deciso di noleggiarne una (attenzione: non fate come me! A Kohama optate per la bicicletta a motore, altrimenti tra discese e salite suderete anche le cellule celebrali) e sono partito all’avventura in direzione della spiaggia consigliatami dal proprietario del noleggio. Mi fa: “Devi andare qui. Se non sei soddisfatto, vienimelo a raccontare quando torni dopo”. Disse il tizio, testuali parole. Un po’ gangster, ma ho apprezzato la self-confidence. Okay, fammi vedere di cosa sei capace. Ragazzi, aveva ragione lui. Praticamente si scende giù per un sentiero avvolto nei rovi e nei cespugli che manco la tana del Bianconiglio e… ta-daaan! Ci si ritrova al cospetto con l’immagine che io ho del paradiso. No, parole umane non possono descrivere quella baia.

Distese verdi e piantagioni sull’isola di Kohama. A destra, la caletta paradisiaca raggungibile attraverso il tunnel di cespugli.

P.S. La bici mi è costata suppergiù 1,000¥ per un paio d’ora (circa 8€). Ripeto: vi prego, noleggiate quella elettrica (che costa un pelo di più ma ci guadagnate in salute)!

Snorkeling con le tartarughe marine e i pesci tropicali

La mattina è volata via, e io mi sono dovuto incamminare nuovamente al porto per rientrare a Ishigaki. Il giorno prima, infatti, vedendo il cielo sereno al meteo, mi ero prenotato su Airbnb una mezza giornata di snorkeling insieme a Shiro-san e alle tartarughe marine! Shiro-san, la mia guida, è fantastico: oltre a essere un super esperto conoscitore della zona e amico delle tartarughe (solo tanto amore), è simpatico, divertente, paziente (vi fa milioni di foto e video sott’acqua, in tutte le salse) e parla un po’ inglese. Il tour con Shiro-san è iniziato verso le 13:30 e terminato per le 17:00 circa. In queste 3h:30 Shiro-san mi ha portato a guardare la barriera corallina, in mare aperto a nuotare con le tartarughe, giocare con pesci di ogni forma, colore e fantasia.

Nuotare con le creature del mare a Ishigaki. Grazie Shiro-san!

Poi siamo tornati a riva, ci siamo asciugati al volo e via su per una montagnetta per ammirare un panorama semplicemente mozzafiato! Non sono un grande scalatore, ma si tratta di una passeggiata di circa 10 minuti, a tratti un po’ impervia ma neanche troppo, e merita assolutamente. Questa esperienza, che dura un po’ meno di 4 ore, è costata 5,000¥ (circa 40€) tutto incluso: attrezzatura, guida, foto e video… Praticamente regalata, considerando la qualità dell’esperienza. Guardate qua! Insomma, una giornata da ricordare.

A sinistra io che faccio lo scemo con Shiro-san (a sua insaputa). A destra, il panorama dall’altura.

…Se invece possedete il brevetto da sub: Iriomote!

P.S. Io non ho il brevetto da sub, ma per le immersioni mi dicono che una delle isole più spettacolari è sicuramente Iriomote, che nella fattispecie è anche la più estesa dell’arcipelago (un pelino più grande di Ishigaki). Quasi il 90% della superficie dell’isola è ricoperta di vegetazione quindi è una sorta di isola-parco nazionale perfetta per: trekking, escursione in canoa tra le mangrovie e appunto immersioni subacquee. Non ci sono stato in questa occasione, ma la visiterò sicuramente la prossima volta!

Giorno 4 – Yonehara e Sunset Beach: due meraviglie di spiagge a Ishigaki

Mi raggiunge la mia amica Francesca e prendiamo la macchina per fare un giretto finalmente anche sull’isola di Ishigaki. Prenotata lì per lì, per 24h: 6,500¥ (circa 52€), ma sono convinto che sia possibile risparmiare con una programmazione anticipata (anche Edreams offre delle opzioni valide, mi dicono). Girare l’isola senza macchina è impensabile per via della grandezza e del fatto che il servizio di autobus che c’è sull’isola non è capillare a livelli soddisfacenti. Siamo andati prima alla spiaggia di Yonehara, consigliataci dalla nostra Guest House.

Yonehara Beach, isola di Ishigaki

Poi, dopo una bella giornata tra pesci blu metalizzato vicino la riva, scogli corallosi (occhio a non sgraffignarvi, io mi sono scartavetrato il piede) fondali vergini, ci siamo rimessi in moto per goderci il tramonto a… Sunset Beach (e dove, se no!). Ecco, ho capito perché la chiamano Sunset Beach. Lascio a voi ogni commento. Il caldo, la salsedine, il bagno al tramonto, il mare… il mare e ancora il mare. Io sono in love.

Sunset Beach, isola di Ishigaki

Giorno 5 – Hateruma, ovvero l’estremo sud del Giappone

Altra giornata meravigliosa di sole e d’azzurro. Che si fa? Porto, per forza! Stavolta sapevo dove andare. Decidiamo di tentare una traversata più importante, e compriamo il biglietto per l’isola di Hateruma. Un viaggetto di 60-90 minuti (a seconda del traghetto e della condizione del mare) alla volta di Hateruma: l’isola più a sud del Giappone! Biglietto a/r da Ishigaki per un adulto: 6,000¥ (circa 48€). Appena arrivati ci fiondiamo a noleggiare una macchina perché avevamo voglia di stare comodi e tranquilli. La macchina qui l’ho pagata circa 3,000¥ (circa 24€). Le distanze sono piuttosto ravvicinate. In realtà se si vuole andare solamente a Nishi Hama, la spiaggia (da sogno) che c’è vicino il porto, quella è raggiungibile anche a piedi. Noi però volevamo andare a visitare anche l’osservatorio con il monumento che dice “punto più a sud del Giappone”… quindi macchina.

“Hateruna blue”, un colore che non si spiega

Una cosa per volta. Il mare? No, vabbè. Una chilometrata di spiaggia bianchissima, mare blu di mille sfumature diverse che ti arriva alle caviglie che manco la tipa dei solari Bilboa (questa la capiscono in pochi mi sa). A proposito del colore del mare qui, c’è una parola in giapponese che indica proprio quel colore. Si dice “blu Hateruma” (波照間ブルー). Ci sarà un perché! Non ho parole per descriverne la bellezza.

Nishi Hama Beach, Isola di Hateruma

L’osservatorio della punta sud e “le colonne d’Ercole” giapponesi

L’osservatorio è a pagamento (500¥, circa 3€), ma a prescindere non so se ne valesse la pena. Non è che si salga poi tanto, saranno tre o quattro rampe di scale. A questo punto è molto meglio fare una passeggiata alla roccia monumento che indica il punto sud e osservare l’orizzonte infinito da lì. Noi, per non saper né leggere né scrivere, abbiamo fatto entrambe le cose!

L’estrema punta sud del Giappone, isola di Hateruma

Giorno 6 – Taketomi bis

Taketomi bis. Sì, perché era l’ultimo giorno e avevo voglia di riempirmi ulteriormente gli occhi e il cuore della bellezza delle viuzze, delle casette e del mare di Taketomi. La prima volta non avevo provato l’ebrezza di scorrazzare a bordo del carretto trainato dal bufalo, perché appunto sapevo che la marea sarebbe stata tiranna e non volevo rinunciare a una bella mattinata in spiaggia.

Going local: Il carro trainato dai bufali

Ho letto diverse reviews sull’esperienza su Tripadvisor, alcune meno entusiaste di altre, ma nel complesso è un’attività interessante. Effettivamente si tratta di un’attrazione turistica, oggigiorno, e la guida parla solo giapponese (non ho sentito di guide in inglese). Comprendo che il discorso animalista potrebbe influire sulla decisione. Mi sono posto anche io il problema, ma il mio ragionamento è stato che, nel bene o nel male, questo aiuta a sostenere l’economia locale. Inoltre i bufali sono tenuti con grandissima cura, gli isolani sono consapevoli del loro valore e del loro pregio.

Muretti in pietra e fiori a Taketomi. A destra: il caro bufalo che ci ha sopportati in giro per l’isola.

Insomma, gita per l’isola con la nostra guida (un simpatico vecchietto nativo di Taketomi) tra canti ed esibizioni allo shamisen. Fun fact: il signore parlava super veloce e con un accento talmente stretto che onestamente ho fatto moltissima fatica a stargli dietro e purtroppo mi sono perso parecchio della sua spiegazione. C’erano altri stranieri a bordo, ma loro non parlavano comunque giapponese e io ero un po’ incaricato di tradurre per loro ma stavo avendo delle difficoltà. Per un po’ ho cercato di resistere stoicamente, strizzando gli occhi e le orecchie che manco un cencio sullo stendipanni, poi mi sono arreso. Alzo la mano, mi scuso per l’interruzione e dico: “mi dispiace, potrebbe ripetere? Non ho afferrato il concetto”. Tempo tre millesimi di secondo e parte la ola dei giapponesi sul carretto: “Eh, ma infatti! Cos’è che ha detto? Mica ho capito!”… io a metà tra il divertito e il perplesso, sento un gocciolone di sudore attraversarmi la fronte. Nessuno aveva capito una beneamata mazza. Ci voleva il gaijin a rompere il ghiaccio… suppongo serviamo anche a questo. Ad ogni modo, la scena è stata esilarante, e alla fine, consultandoci tutti insieme, abbiamo compreso quello che il signore ci stava raccontando.

Torniamo a Ishigaki con l’ultimo traghetto (story of my life, io sempre a rincorrere “ultimi qualcosa”… treni, traghetti, aerei…) e stavolta senza subire furti da pennuti impertinenti e sprovveduti.

Il cuore traboccante di bellezza

Sono stati sei giorni pregni di bellezza. Per un po’ avrò il cuore in pace, ma sento che presto avrò bisogno di tornare nel meraviglioso arcipelago delle isole Yaeyama per rinfrescare questa sensazione.

Ci sono molti altri spot ben valutati e consigliati sul web, ma per ragioni di tempo non sono riuscito a incastrare tutto. Mi sarebbe piaciuto fare un salto a Kabira Bay ad esempio, o alle grotte di stalattiti. Per queste e altre esperienze, vi linko l’articolo di WarmCheapTrips che ne ha parlato in maniera molto esaustiva nel suo blog! Andate a dargli un’occhiata!

Un viaggio da sogno su misura per te!

Amanti delle immersioni, delle tartarughe marine e dei pesci pagliaccio. Alla ricerca di una vacanza più culturale, o magari solamente di un po’ di meritato relax in spiaggia. Mare sì, ma anche trekking in montagna o gita in canoa nella foresta di mangrovie. Alle Yaeyama ce n’è per tutti i gusti!

Se state valutando una tappa tropicale nel vostro prossimo viaggio in Giappone, Ishigaki e le isole Yaeyama sono una scelta assolutamente azzeccata! E’ un Giappone sicuramente diverso dal mainstream e altrettanto interessante, consigliatissimo soprattutto per chi magari ha già “spuntato” i giri canonici tra Tokyo e Kyoto.

Potete contattarmi qui per info & consultazioni sul vostro itinerario di viaggio personalizzato in tutto il Giappone! Ricordo che è anche possibile “prenotare” il sottoscritto come guida e accompagnatore per tutta la durata (o anche solo una parte) dell’esperienza.

Mata ne!

DIRITTI DEI FIGLI IN GIAPPONE

DIRITTI DEI FIGLI IN GIAPPONE

Ultimo aggiornamento: 9 marzo 2021 (nuovi sviluppi in fondo alla pagina)

In Giappone la concezione di “diritti dei figli”, in particolare nel contesto della separazione dei genitori, si distanzia parecchio rispetto a come lo intendiamo noi. L’imprescindibile diritto di entrambi i genitori di rimanere al fianco dei propri figli per il bene intrinseco del minore passa in secondo piano. In Giappone non è previsto l’affido condiviso di un minore, e se uno dei genitori lamenta una situazione di disagio (reale o fittizia che sia) è tecnicamente autorizzato a sparire nel nulla portandosi via i figli dal giorno alla notte.

Manifestazione tenutasi in Giappone da genitori (stranieri e non) tagliati fuori dalla vita dei figli.

Oggi vi racconto una realtà meno entusiasmante di questo Paese che riguarda i diritti dell’infanzia. Chi mi segue lo sa, a me non piace diffondere un’idea stereotipata delle cose. Il Giappone, come tutti gli altri Paesi, nasconde anche lati oscuri e poco ammirevoli. Oggi vi parlo di cittadini giapponesi che sottraggono legalmente minori.

Scissione del nucleo famigliare

Stando alla legge giapponese, il divorzio dei genitori corrisponde tradizionalmente alla scissione del nucleo famigliare. La struttura della società giapponese, inoltre, non valorizza il ruolo del padre come figura particolarmente rilevante nella crescita e nell’educazione dei figli. In un Paese in cui l’affido condiviso non gode di buona reputazione nell’intento di preservare la “coerenza e la quiete” della vita dei bambini e proteggerli dallo stress, questo retaggio culturale finisce per ledere i minori stessi e il loro diritto di crescere a stretto contatto di entrambi i genitori. Nell’80% dei casi in cui sopraggiunge una separazione, ciò si traduce per i minori nella totale privazione di uno dei genitore e, salvo rarissime eccezioni, quello sacrificabile è il padre. Figuriamoci se poi è straniero.

«Un’usanza inaccettabile, visto che il Giappone ha firmato degli accordi internazionali che lo obbligano a recepire le norme internazionali in materia di diritti del minore» Tommaso Perina

La storia di Tommaso

Tommaso Perina, un mio ex collega e amico, fa parte di questo 80% di genitori allontanati forzatamente da un giorno all’altro dai propri figli. Marcello e Sofia (attualmente 7 e 5 anni) sono stati portati via improvvisamente dalla madre (giapponese) nel 2016 e condotti nella città di Sendai, città dove si trovano i genitori di lei, a sei ore di macchina da Tokyo. Un giorno che non si dimentica facilmente per un genitore. Dal 2016 Tommaso ha incontrati i propri figli tre volte, per un totale di sei ore complessive. L’ultima volta che Tommaso li ha visti è stato nell’agosto 2017, per un paio d’ore, in una saletta sorvegliata dall’avvocato della moglie (foto in basso). Non ha potuto scattare foto con loro, né portare loro dei regali. Da allora Tommaso non è stato più in grado di vedere i figli e non sa assolutamente niente di loro. Se Tommaso provasse ad avvicinarsi, rischierebbe l’arresto.

I minori sono vittime di un sistema che non riesce a scindere in maniera efficace i casi di violenza domestica dai divorzi. Reale o no, alla base di quasi tutti questi casi di separazione c’è un’accusa di violenza domestica che poi in buona parte dei casi risulta del tutto ingiustificata. Tuttavia, prima di fare chiarezza sulla verità trascorrono anni e in questo periodo il genitore allontanato perde ogni contatto con i propri figli rischiando di diventare, nella migliore delle ipotesi, un estraneo per loro.

Sottrazione “legale” di minori

La sottrazione di minore è una gravissima violazione dei diritti umani. Il Giappone, in quanto Paese aderente alla convenzione dei diritti del fanciullo dal 1994 nonché membro del G7 e di una lunga lista di convenzioni e accordi internazionali, è tenuto a osservarne i contenuti. Secondo l’associazione giapponese Kizuna per i diritti dei minori, sarebbero 150 mila i minori che ogni anno vengono sottratti dal padre o dalla madre. Tra questi ci sono anche 15 genitori italiani, e Tommaso è uno di loro.

“Il numero di casi di sottrazione di minori in cui un genitore è cittadino europeo e l’altro giapponese è in crescita ed è allarmante”.

Parlamento Europeo

Da quattro anni a questa parte, Tommaso e tutti gli altri padri stranieri in Giappone allontanati forzatamente dai propri figli, hanno iniziato un movimento di denuncia bussando alla porta di ambasciate, governi, istituzioni competenti. L’azione di Tommaso e degli altri genitori privati dei figli, ha prodotto risultati di sostanziale risonanza. Tra le numerose iniziative intraprese per far valere i diritti dei figli, Tommaso ha contattato il presidente del Consiglio italiano Conte, il quale ha inviato una lettera di sollecito al presidente Shinzo Abe perché rispetti gli impegni presi internazionalmente. La lobby dei genitori stranieri è anche approdata al Parlamento Europeo, esortando l’organo legislativo a intervenire formalmente per fare giustizia.

Frenchman Vincent Fichot and Italian Tommaso Perina, who both became estranged from their children after their Japanese wives took them without consent presenting a petition to the European Parliament to demand action
(Source: Brussels, Belgium February 19, 2020. REUTERS/Yves Herman/File Photo)

Tommaso e gli altri genitori in Giappone a cui sono stati sottrati i figli dalla controparte hanno fondato una NGO per la protezione dei diritti dei figli minori e per alzare le proprie voci nei confronti di questo sistema inumano. Qui il link alla NGO e alla raccolta fondi che hanno avviato per portare avanti la loro battaglia.

JAPAN CHILDREN RIGHTS

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Aggiornamento: 09 marzo 2020.

Lo scorso 3 marzo Internazionale ha pubblicato un reportage molto intenso e crudo per denunciare la realtà della legale sottrazione dei minori in Giappone. La situazione che ho raccontato in questo articolo lo scorso luglio è una realtà che non accenna a migliorare, e ogni anno in Giappone circa 150 mila minori vengono sottratti al rapporto con uno dei due genitori. Invito tutti a guardare questo video shockante per aumentare la consapevolezza che sì, abbiamo una grosso problema qui, e in virtù della sua attuale posizione sulla scena internazionale, il Giappone non può permettersi i lusso di ignorare le convenzioni alle quali ha aderito.

Come vedrete nel video, ben due intervistati su quattro sono italiani e sono entrambi miei amici. Ho visto da vicino quello che significa, e non è una favola. Se mai, un incubo.

https://www.internazionale.it/video/2021/03/03/figli-separati-giappone

Altri articoli e video di approfondimento…

Vi lascio qui alcuni link per approfondire. Basta una brevissima ricerca su un qualsiasi motore di ricerca per trovare decine e decine articoli, giornali e rubriche dedicati alla questione, purtroppo.

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