Negare il riconoscimento dei matrimoni gay in Giappone è incostituzionale
Lo scorso 17 marzo 2021 il tribunale di Sapporo, Hokkaido, ha acceso di speranza la comunità LGBT giapponese con una storica sentenza. La corte del tribunale distrettuale, presieduta dal giudice Tomoko Takebe, ha infatti dichiarato incostituzionale il rifiuto di riconoscere i matrimoni gay in Giappone.
Un po’ di background. L’antefatto alla sentenza di Sapporo
Il 14 febbraio 2019 tre coppie LGBT residenti in Hokkaido (2 coppie di uomini e 1 di donne), hanno avviato un’azione legale congiunta contro il governo giapponese. La denuncia scaturisce dalla mancata approvazione della loro richiesta di matrimonio, consegnata alle istituzioni il mese di gennaio dello stesso anno. La tesi è di incostituzionalità del Codice civile(民法)e del Family Register Act (戸籍法) la cui interpretazione non permette ad oggi i matrimoni gay in Giappone.
Cause attive riguardanti i matrimoni gay in Giappone
Attualmente le cause intentate al governo per il mancato riconoscimento dei matrimoni gay in Giappone, ammontano a 28. Sono sparse in tutto il Paese da Tokyo a Osaka, Fukuoka, ecc. La sentenza del tribunale di Sapporo è la prima a giudicare incostituzionale questo rifiuto e segna perciò un traguardo storico.
Le richieste dei querelanti
La causa intentata dalle tre coppie verte su due punti:
1) L’incostituzionalità del Codice civile e del Family Register Act
2) La richiesta di risarcimento di 1 milione di yen (circa 8.000 Euro) a testa per i danni morali e psicologici subiti a seguito dell’impossibilità di unirsi in matrimonio
Gli articoli della Costituzione incriminati
La tesi sostenuta dai querelanti è che, stando all’articolo 24 della Costituzione giapponese, “il matrimonio sussiste con il consenso di entrambi i sessi”(婚姻は、両性の合意のみに基いて成立). Questo non precluderebbe i matrimoni gay, ma sarebbe da intendere come un’unione tra adulti consenzienti. Inoltre questo genere di discriminazione basata solo sull’orientamento sessuale, rappresenterebbe una violazione dell’articolo 14 della Costituzione, che stabilisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti la legge. Si ritiene violato anche l’articolo 13 che ha lo scopo di garantire il diritto alla felicità e alla realizzazione personale di tutti i cittadini.
Il risultato della sentenza
Vittorie…
Impedire a due persone di unirsi in matrimonio solo sulla base del loro orientamento sessuale, qualcosa che l’individuo non ha la facoltà di scegliere né cambiare, è da considerarsi un trattamento discriminatorio.
Sapporo, Tribunale distrettuale (17 marzo 2021)
La vittoria storica di cui parliamo è quella relativa al punto 1) ossia l’incostituzionalità della negazione del matrimonio alle coppie LGBT. La sentenza del tribunale distrettuale di Sapporo afferma che il rifiuto di unire in matrimonio due individui dello stesso sesso viola la il concetto di “uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge” come stabilito dall’articolo 14. Inoltre, “impedire a due persone di unirsi in matrimonio e di godere dei benefici da esso derivanti solo sulla base dell’orientamento sessuale, qualcosa che l’individuo non ha la facoltà di scegliere né cambiare, è da considerarsi un trattamento discriminatorio” e pertanto in opposizione a quanto affermato dalla Costituzione stessa.
La Corte Suprema ha tuttavia rifiutato di riconoscere come incostituzionale gli articoli 24 e 13. L’articolo 24 della Costituzione giapponese parla di entrambi i sessi interpretando il concetto come “uomo e donna” e pertanto “i matrimoni gay non sono contemplati”. Se l’articolo 24 della Costituzione, specifico sul matrimonio, non è stato ritenuto problematico da un punto di vista giuridico, non può essere considerato incostituzionale neanche l’articolo 13, dai contenuti molto più generici. Il matrimonio è interpretato come un vincolo legale stipulato da “entrambi i sessi” con lo scopo di costituire un nucleo famigliare (fūfu 夫婦) e generare figli (articolo 89 del Codice civile, 1896, e articolo 224 del Family Register Act, 1947). Testi nati in uno specifico periodo storico in cui l’omosessualità era considerata una malattia.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento, invece, lo Stato non ha riconosciuto fallace la mancanza di un’azione legale tempestiva da parte degli organi legislativi competenti. Il discorso sulla legalizzazione dei matrimoni gay in Giappone è iniziato solo nel 2015 e la sentenza di Sapporo è a tutti gli effetti la prima a deporre a favore della causa. Rifiutando l’accusa di negligenza, la Corte Suprema ha respinto la richiesta.
La conferenza LIVE di “Marriage For All Japan”
Il 25 marzo si è tenuto in diretta sul canale Youtube dell’associazione Marriage For All Japan, impegnata da sempre nel riconoscimento del diritto di matrimonio alle coppie LGBT giapponesi, una conferenza di presentazione della storica sentenza. Alla conferenza, che si è svolta presso la aule della Dieta nazionale del Giappone, hanno partecipato esponenti del governo, politici di vari partiti oltre che i rappresentanti dell’associazione Marriage For All Japan e una folta schiera di giornalisti.
Ho seguito la conferenza live (che è durata due ore e mezza, sforando di mezz’ora il programma inziale per la ricchezza dei contenuti). Tra tutti gli interventi, carichi di valore politico, legale o emozionale che sia, vorrei sottolineare soprattutto la precisione e la lucidità dell’esposizione dell’avvocato Takeharu Kato. Kato, rappresentante legale di Marriage For All Japan, ha esposto la panoramica della vicenda e i suoi possibili risvolti con estrema chiarezza.
Matrimoni gay e l’opinione pubblica giapponese
Dal 2015, anno in cui la circoscrizione di Shibuya ha introdotto per prima in Giappone il sistema della certificazione di partnership per le coppie LGBT, sono stati condotti nel Paese sondaggi sull’opinione pubblica in merito alla questione dei matrimoni gay.
Il primo sondaggio del 2015 sui matrimoni gay in Giappone
Il sondaggio del 2015 ha preso in esame un campione di 2600 persone (1259 le risposte valide) di entrambi i sessi dai 20 ai 79 anni di età. Alla domanda: “Sei favorevole ai matrimoni gay?” ha risposto in maniera affermativa (“Favorevole” e “Abbastanza favorevole”) il 51.1% degli intervistati. Il 71% dei soggetti tra i 20 e i 30 anni hanno risposto in maniera favorevole, e all’aumentare della fascia d’età aumentavano anche i pareri contrastanti (24.2% per gli ultra settantenni).
Molti degli intervistati hanno inoltre risposto che non sarebbero contenti se uno dei propri figli fosse omosessuale (46%) o se lo fosse uno dei propri fratelli (38%). Nonostante i pareri sostanzialmente favorevoli ai matrimoni gay, erano ancora forti i pregiudizi e l’attaccamento all’idea di famiglia tradizionalmente intesa.
Il secondo sondaggio del 2019 sui matrimoni gay in Giappone
Un secondo sondaggio si è svolto nel 2019 su un campione effettivo stavolta di 2632 individui di ambo i sessi e fasce d’età miste. La percentuale degli intervistati che si è detta favorevole ai matrimoni gay è aumentata al 64.8% registrando l’80% tra i giovani di 20-30 anni. Inoltre la percentuale di tutte le risposte negative (“Non sarei content* se qualcuno dei miei vicini/ colleghi/fratelli/ figli fosse gay) è sensibilmente diminuita. Si riscontra un’incidenza maggiore tra le donne rispetto agli uomini intervistati, specialmente tra la fascia d’età dei 40-50 anni.
La legge contro la discriminazione: Equality Act Japan
Qualche tempo fa ho condiviso sul mio profilo Instagram la campagna Equality Act Japan, una campagna internazionale di raccolta firme per l’introduzione in Giappone di una legge antidiscriminatoria volta a garantire l’uguaglianza dei cittadini LGBT.
La campagna raccolta firme di Equality Act Japan
La campagna Equality Act Japan è stata lanciata e coordinata da tre enti che hanno lavorato insieme creando eccezionali sinergie. Si tratta di Japan Alliance for LGBT Legislation, Human Rights Watch e Athlete Ally.
La raccolta firme si è tenuta nel periodo dal 15 ottobre 2020 al 21 febbraio 2021. L’esito della campagna è stato ufficialmente presentato in una conferenza LIVE presso la Dieta nazionale nella mattinata del 25 marzo. Proprio lo stesso giorno in cui Marriage For All Japan ha presentato il resoconto della vittoria storica riportata a Sapporo.
Un atteggiamento discriminatorio basato esclusivamente sull’orientamento sessuale non è ammissibile.
Primo Minostro, Yoshihide Suga
In tutto sono state raccolte 106,250 firme consegnate ai rappresentati del governo e al direttivo dei giochi olimpici. Il comitato rappresentativo dell’iniziativa afferma che il Giappone, in quanto Paese ospitante dei giochi olimpici, ha il dovere e la responsabilità di garantire la sicurezza e il benessere degli atleti. Urge pertanto l’istituzione di una legge contro la discriminazione delle persone LGBT.
La campagna ha sortito reazioni di speranza. La prefettura di Mie, per prima in assoluto, ha approvato una legge che viete l’outing e la discriminazione dei cittadini LGBT.
Inoltre, all’interrogativo posto al Primo Ministro Suga, circa l’inadeguatezza del Giappone a ospitare la olimpiadi senza una legge adeguata contro la discriminazione delle minoranze sessuali, Suga risponde: “Un atteggiamento discriminatorio basato esclusivamente sull’orientamento sessuale non è ammissibile”.
Per concludere, ma non troppo…
Il Giappone è l’unico paese del G7 a non riconoscere i matrimoni gay né la protezione legale delle persone LGBT dalla discriminazione.
La questione dei matrimoni gay e la salvaguardia dei diritti dei cittadini LGBT è un tema caldo in continua evoluzione. Questo articolo verrà costantemente aggiornato.
Il ruolo della rivista Barazoku nella formazione di una comunità LGBT in Giappone
Barazoku è la prima rivista del Giappone rivolta esclusivamente a un pubblico omosessuale. Viene fondata agli inizi degli anni ’70 da Itō Bungaku, un uomo (eterosessuale) con un incredibile sensibilità. Era un periodo particolarmente intenso a livello mondiale per la comunità LGBT, che da Stonewall in poi iniziò a reagire ai soprusi e alle violenze alzando la voce. La storia della comunità omosessuale giapponese si inserisce in questo contesto, ma in un Paese in cui la contestazione feroce e violenta non è mai contemplata in nessun ambito, la storia è stata diversa.
“TRENT’ANNI DI BARAZOKU”è il titolo dellibroche ho scritto per raccontare ai lettori in Italia le dinamiche peculiari che hanno portato alla nascita della moderna gay community giapponese. Attualmente questo è l’unico libro in lingua italiana disponibile sull’argomento.
La storia della formazione di una gay community giapponese è un’avventura che si è sviluppata sotto la superficiale dell’acqua. All’oscuro degli occhi della gente, e al tempo stesso lì, sugli scaffali delle librerie, compariva Barazoku. Non una semplice rivista, bensì la prima, quella che ha innescato il meccanismo che avrebbe portato nel corso del trentennio di pubblicazione alla nascita e all’affermazione di una gay community in senso moderno.
La rivista come prima piattaforma di interazione
Prima dell’avvento di Barazoku, al di là dei cinema a luci rosse, i parchi, i bagni pubblici e pochi altri escamotage più o meno leciti per incontrare altri omosessuali, in Giappone non erano molti i luoghi di incontro e socializzazione. La messa al bando del business della prostituzione nel 1957, ha favorito la prolificazione dei bar a tematica gay nel quartiere di Shinjuku Nichome, a Tokyo. Nell’arco di dieci anni, fino alla fine degli anni ’60, Nichome era diventata una roccaforte dell’intrattenimento per omosessuali. Tuttavia, questo non necessariamente corrispondeva alla creazione di ambienti di interazione, e soprattutto tagliava fuori tutti quelli che non abitavano nella metropoli.
Barazoku, per la prima volta, fornì alla disconnessa comunità omosessuale giapponese la possibilità di incontrarsi su una piattaforma inizialmente virtuale. Era “solo” una rivista ma la “Rubrica dei lettori” permise un fitto scambio di opinioni, sensazioni, gioie, dilemmi, emozioni. Un luogo, seppur astratto, in cui condividere esperienze e sviluppare un linguaggio comune, un sentire proprio a un gruppo definito. Barazoku ha dato il via alla formazione di una identità di genere omosessuale in Giappone, prima tramite le pagine della rivista, poi organizzando il primo incontro fisico, nel 1974, tra i lettori della rivista. Non una semplice festa, bensì il primo evento che ha riunito nella stessa stanza più di cento omosessuali giapponesi.
Il ruolo sociale della rivista
In un’epoca in cui le comunicazioni scorrevano a velocità ben più analogica, Barazoku ricoprì un ruolo fondamentale nell’informare e nel tenere insieme la comunità omosessuale giapponese. La notizia relativa alla scoperta del virus dell’HIV, che sconvolse il mondo intero, fu gestita in maniera a dir poco grottesca in Giappone. Il Governo mise in atto un’opera di insabbiamento della verità per camuffare i risvolti tragici di un proprio errore imperdonabile e far così tornare i conti a proprio vantaggio. Ma in tutte le catastrofi c’è bisogno di un capro espiatorio. Vi lascio immaginare com’è andata la storia.
Il libro di Barazoku
・Come erano concepite tradizionalmente le relazioni omosessuali nel Giappone? ・Da dove origina la comunità LGBT giapponese? ・In che contesto è nata Barazoku? Chi l’ha fondata? ・Che tipo di supporto ha offerto la rivista e come ha contribuito alla formazione di una gay community?
”TRENT’ANNI DI BARAZOKU” è il primo (e unico) libro in lingua italiana sulla formazione di una comunità omosessuale in Giappone. vi svelerà tutti i retroscena, le dinamiche, la fortuna e gli scandali di questa avventura. Un saggio storico di ambito socio-culturale ricco di immagini, testimonianze ed estratti (sia in giapponese che in italiano) dei contenuti della rivista. Contiene un’esclusiva intervista a Itō Bungaku, fondatore di Barazoku con cui ho tuttora il piacere di trascorrere piacevolissimi pomeriggi davanti a una tazza di tè.
Spero di avervi invogliato a scoprirne di più. Chi mi segue già su Instagram lo sa che parlo spesso di cultura LGBT giapponese. Questo testo ne racchiude l’essenza e le radici.
Buona lettura… e se vi andrà attendo le vostre recensioni!
L’importanza del matrimonio nella società giapponese
Come molte altre culture nel mondo, il Giappone riserva un ruolo assai importante alla continuazione della linea genealogica di derivazione maschile. Seppur con le dovute eccezioni e considerando i massicci mutamenti a cui la struttura tradizionale della società e della famiglia giapponese è andata incontro dal dopoguerra in poi, tutt’oggi gli studiosi di sociologia concordano nel riconoscere grande importanza al concetto di “primogenito maschio” e “continuità lineare della famiglia”. In questo contesto culturale l’importanza del matrimonio gioca un ruolo fondamentale e, inevitabilmente, rappresenta per gli omosessuali giapponesi un ostacolo arduo da superare o aggirare. Una dinamica a cui soccombere in mancanza di altre opzioni al di fuori del coming out pubblico o di altre soluzioni ben più drastiche quali anche il suicidio. Da qui l’esigenza di torvare una scappatoia, nei matrimoni di facciata.
Attualmente il Giappone si sta aprendo a stili di vita più diversificati, e la singletudine, così come l’omosessualità, stanno diventando scelte sempre più comuni e accettate anche a livello sociale. Tuttavia, fino a tempi recentissimi, una buona fetta della popolazione omosessuale avrebbe abbracciato l’alternativa dei matrimoni di facciata pur di seguire alla lettera il copione. Cedere alle obbligazioni sociali e optare per i matrimoni etero-normativo di facciata equivale a sofferenza. D’altronde, non sposarsi affatto equivarrebbe a infrangere una serie di responsabilità sociali nei confronti dei propri genitori e della società in senso ampio, che con ogni probabilità avrebbero potuto condurre all’isolamento dell’individuo in società. In alcune aree del Paese, questa scelta è ancora praticata a tutt’oggi.
Una fitta rete di norme sociali uniformanti
La società giapponese non è particolarmente nota per gli atti di violenza fisica. Se di “violenza” si può parlare, non è da intendersi nella forma di un’aggressione fisica bensì in una più sottile forma psicologica. La società in Giappone impone agli individui rigidi schemi comportamentali costituiti da doveri e obblighi nei confronti dell’Altro. Queste obbligazioni si intrecciano vicendevolmente in una rete fitta di relazioni particolarmente vincolate e vincolanti, e chi non fosse in grado di rispondere alle aspettative potrebbe pagarne lo scotto con l’esclusione dalla vita sociale attiva. Al fine di mantenere l’armonia della società, lo status quo all’interno del Paese, l’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità fino all’inizio degli anni ’80 circa è stato caratterizzato dalla pressocché totale indiffferenza. Una sorta di negazione della sua presenza, che rimaneva ad ogni modo in sordina anche per interesse degli omosessuali stessi.
Per evitare confronti aperti e attriti sul piano dell’ordine pubblico la società sceglie una strategia in base alla quale non sussistono incongruenze. Lo stile di vita “corretto” rimane tale, e altri eventuali stili di vita considerati meno legittimi e “goliardici” devono essere gestiti diversamente. Ci si deve assicurare che l’eventuale incongruenza, il “problema”, rimanga relegato all’interno degli appositi confini ad esso preposti. Questi confini, sia fisici che astratti, sono rappresentati dai quarteri dell’intrattenimento gay come il quartiere di Nichōme a Shinjuku,o dall’immagine sostanzialmente stereotipata dell’omosessualità diffusa dai mezzi di comunicazione.
L’omosessualità negli anni ’70 e i matrimoni di facciata
La posizione predominante nel Giappone degli anni ’70 era quella di un “silenzio assenso” tra le autorità pubbliche, gli organi di censura e i dipartimenti interposti. Di comune accordo facevano del loro meglio per insabbiare la presenza pubblica dell’omosessualità, e addirittura la stessa comunità omosessuale preferiva di gran lunga una situazione di calma apparente in cui poter sfogare le proprie passioni in tranquillità relegandole a una dimensione rigorosamente privata senza dare in alcun modo nell’occhio.
Per tutte queste ragioni, erano e sono tutt’ora parecchi i casi di matrimoni di facciata volti a soddisfare l’immagine di superficie. Anche il desiderio di una famiglia con dei figli contribuì a incentivare questo meccanismo. In alcuni casi gli uomini gay, che si trattasse di un matrimonio combinato o meno, finivano per sposarsi con donne per lo più ignare delle preferenze di questi ultimi. Questa situazione ovviamente finiva per generare insoddisfazione e depressione tanto negli uomini che nelle malcapitate. Molti omosessuali ne erano consapevoli. Per risparmiare quelle donne innocenti da una vita di sofferenza e mediocrità, cercarono di ingegnarsi per trovare una scappatoia.
Barazoku e la rubrica “L’angolo del matrimonio”
La soluzione arrivò grazie all’intervento di Barazoku, la prima rivista del Giappone rivolta esclusivamente a un pubblico omosessuale fondata nel 1971. Sin dai primi anni di vita di Barazokuiniziarono a pervenire presso la casa editrice richieste sia da parte di lettori gay sia di lettrici lesbiche, affinché si potesse entrare in contatto con una persona del sesso opposto. Inscenare matrimoni di facciata avrebbe permesso di adempiere al protocollo imposto dalla società senza tuttavia assumersi il peso di una relazione “reale” che implicasse rapporti sessuali indesiderati e una forzata affettività. In questo modo la Tribù delle Rose avrebbe potuto salvare le apparenze e al tempo stesso condurre una vita semi-libera evitando di coinvolgere individui innocenti. Fu così che nel 1981 si inaugurò sulle pagine di Barazoku il kekkon kōnā 結婚コーナー (L’angolo del matrimonio.
Alcuni degli annunci che si leggono nel kekkon kōnā del numero di aprile del 1981:
Da un po’ di tempo sono afflitto dalla questione del matrimonio. Se qualcuno mi comprende, se qualche ragazza è in difficoltà per lo stesso problema o se avete un’amica del genere, per favore scrivetemi. Che ne dici di impegnarci e costruire, noi due, una famiglia solare in cui si possa parlare liberamente di qualsiasi argomento? 174 x 67, sono un libero professionista di 32 anni, solare e dotato di senso dell’umorismo.
Ōsaka, Moriguchi – Matrimonio
Il Pride Month sta per giungere al termine, ma continuate a seguirmi per tanti altri spaccati di cultura LGBT in Giappone. Inoltre vi annuncio che alla fine di giugno, con la conclusione di questo mini progetto, ci sarà una sorpresa per voi (spero gradita!).
Instagram è un servizio di visualizzazione di immagini gestito da Facebook Ireland Ltd che è usata per integrare tali contenuti all’interno delle proprie pagine.
Gravatar è un servizio di visualizzazione di immagini gestito da Automattic Inc. che permette a Automattic Inc. di integrare tali contenuti all’interno delle proprie pagine.
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