IPPONJIME O “TANA LIBERA TUTTI!”

IPPONJIME O “TANA LIBERA TUTTI!”

Le decisioni di gruppo

Mi riallaccio direttamente all’articolo di qualche giorno fa sul discorso dell’armonia del gruppo. Ci sono milioni di altre situazioni indicative di quanto il concetto di armonia collettiva sia importante nella cultura giapponese e influenzi le decisioni di gruppo. Ad esempio, il semplice processo di “sciogliere la seduta” e tornare a casa al termine di una qualsiasi attività svolta in gruppo richiede importanti accorgimenti. Che si tratti di un compito scolastico, una gita, un allenamento, una riunione, lo smembramento della compagine non è immediato subito dopo la conclusione dell’attività. A questo serve l’ipponjime.

Ad esempio: io gioco a pallavolo qui a Tokyo. Adesso faccio parte di un gruppo misto stranieri e giapponesi e la storia è diversa, ma all’epoca ero iscritto a un circolo serale locale per lavoratori. Come se non bastasse ero l’unico straniero. Ci si riuniva una volta a settimana per allenarsi e poi occasionalmente si facevano delle partite nel fine settimana. Al termine degli allenamenti non esiste che ci si cambi, si saluti gli altri e “arrivederci e grazie tutti a casa” nonostante l’orario tardo. Bisogna prima aspettare che tutti i membri della squadra siano pronti, poi ci si siede in cerchio e il responsabile del circolo fa un breve saluto ringraziando tutti della partecipazione e annunciando eventuali comunicazioni sui prossimi appuntamenti (partite, calendario degli allenamenti, ritiri fuori città, feste). Nel caso ci fossero nuovi membri viene chiesto loro di presentarsi brevemente. Finito il saluto ci si alza e ci si dirige verso l’uscita, piano piano e tutti insieme.

Soluzioni tortuose a “problemi” (in)evitabili

Mi ricordo che una volta, dopo una partita, ci siamo cambiati e abbiamo aspettato nell’atrio della palestra che tutti uscissero. Siamo rimasti lì… ad aspettare. All’epoca non mi era ben chiaro che cosa stessimo aspettando. Solo una cosa era chiara, ossia il fatto che nessuno potevaalzarsi e congedarsi dicendo “bon, ci si vede alla prossima!”. Come anche per il discorso della scelta del ristorante, anche qui è necessario un lavorio infinitesimale di minuscoli passettini in cui una persona si muove impercettibilmente verso l’uscita. Quella a fianco farà lo stesso trascinando a catena tutto il resto del gruppo senza che apparentemente nessuno abbia esposto (o meglio, imposto, se vogliamo) la propria volontà al gruppo. Sono convinto che anche ai giapponesi pesi un po’ questa complicazione delle cose. Ma è così che funziona e per loro non solo è la normalità, ma è anche la modalità migliore per preservare l’equilibrio e l’armonia. Creata una complicanza, i giapponesi sono maestri nell’inventare una soluzione ancora più complessa. Per ovviare al fatto che “ok l’armonia del gruppo, ma bisogna pure tornare a casa a ‘na certa”, i giapponesi si sono inventati uno strepitoso giochino: si chiama ipponjime.

giapponesi che fanno ipponjime

Questo stratagemma consiste nel riunire i membri che hanno preso parte a una qualsiasi attività di gruppo e di radunarli in cerchio. Quindi il coordinatore del gruppo, il responsabile dell’attività o il senpai (persona più grande, anche se solo di un giorno, quindi con maggior esperienza a cui si deve rispetto) dirà due parole di ringraziamento a tutti e di commiato. Terminerà il suo discorso dicendo: “Bene, facciamo ipponjime ”, e tutti si metteranno a mani giunte come in preghiera e, contando mentalmente see-no (“tre, due, uno, via!”) batteranno tutti quanti le mani all’unisono una volta. E’ lo ipponjime, ossia la “chiusura con un colpo”. Finalmente l’attività può ritenersi ufficialmente conclusa e tutti quanti sono autorizzati a sentirsi liberi di lasciare il campo di battaglia, senza recare sulle proprie spalle il peso della decisione.

L’unità di misura non siamo noi

Defilarsi prima della fine ufficiale di una qualsiasi attività è considerata una mancanza di rispetto in Giappone e ancora di più lo è il fatto di esprimere sempre e comunque le proprie opinioni, manifestare i propri desideri in qualsiasi situazione o ancora prendere a tutti i costi iniziative di sorta. È un comportamento percepito come infantile. E’ una rinuncia amara per un occidentale, nato e cresciuto nell’esaltazione della libertà di espressione, il valore aggiunto di un’opinione e di una presa di posizione. Per quanto tali principi rechino in sé innegabili pregi, non è assolutamente detto che siano universali. La chiave di interpretazione della società giapponese è esterna all’individuo, si trova al di fuori di noi stessi. Esula dalla notra istanza personale, il nostro ko, in favore di un armonia più grande. E’ il gruppo a formare l’unità di misura in Giappone: le persone sedute nello stesso vagone in treno, la squadra di pallavolo, la scuola, l’azienda, la città e la comunità tutta.

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