STORIA E ORIGINI DI SHINJUKU NICHOME
Shinjuku Nichome, da insignificante agglomerato a centro della vita gay
Il quartiere gay più grande di Tokyo, e per estensione di tutto il Giappone, è il vivace blocco di Shinjuku Nichome, conosciuto anche solamente come “Nicho” dai frequentatori abituali. Shinjuku Nichome è situato a pochi passi dall’uscita Est della stazione JR di Shinjuku, nei pressi dell’altrettanto noto quartiere dell’intrattenimento notturno (e del business sotterraneo a luci rosse) di Kabukicho. Si stima che il quartiere gay di Shinjuku Nichome, con la sua superficie di circa 105,238 m2, ospiti attualmente tra i 200 e i 300 esercizi a tematica LGBT tra bar, discopub, club, saune, negozi, associazioni, ecc.
Quando Shinjuku non esisteva ancora
La storia di questo quartiere è estremamente interessante e avventurosa. Per comprendere le origini e l’aspetto attuale di Shinjuku Nichome come hub della cultura gay, è necessario viaggiare nel tempo e fare un salto indietro di diversi secoli sino all’epoca Edo (1603-1867). Durante il periodo Edo il Paese (o meglio, la parte centrale dell’isola di Honshu in cui si trovavano le principali città) era attraversato da cinque arterie stradali che costituivano il sistema del Gokaido (五街道). Il Gokaido, il principale sistema terrestre viario di epoca Edo, collegava la città dello shogun ai punti principali dell’isola di Honshu, primo su tutti la città di Kyoto dove risiedeva l’imperatore.
Le città “postali” di epoca Edo
Nel 1625, su richiesta dei viandanti in viaggio lungo la Koshu Kaido, una delle cinque arterie, che conduceva alla attuale prefettura di Yamanashi, venne stabilita una ulteriore mini stazione di riposo per rifocillarsi tra una tappa e l’altra del viaggio, in corrispondenza della zona dove attualmente sorge Shinjuku Nichome. Ai margini di queste cinque arterie stradali sorgevano diverse cittadine “postali” (shukuba), ossia grandi o piccoli agglomerati provvisti quanto meno dei servizi e le infrastrutture basilari utili ai viaggiatori per rifocillarsi, riposarsi, acquistare beni di prima necessità, ecc. L’area di Shinjuku, che all’epoca non aveva ancora un nome, non qualificava come una “città postale” per le sue esigue dimensioni, ma a seguito delle richieste dei viaggiatori nei pressi del minuscolo raggruppamento di case fu eretto un tempio, e l’area ribattezzata Naito Shinjuku(内藤新宿).
Qui, oltre alle locande e le taverne, si dice che presto sorsero anche delle case apposite per la prostituzione e l’intrattenimento dei viandanti.
Lo sviluppo di Tokyo Ovest in epoca Meiji
La prima apparizione di una nomenclatura come la conosciamo attualmente apparve all’inizio del Novecento, quando nel 1903 venne inaugurata la stazione di Shinjuku Nichome sulla linea di tram che attraversava la parte ovest di Tokyo. Per tutto il periodo bellico Il carattere “erotico” della zona continuava ad esistere e si decise di spostare in quella zona, ancora relativamente nuova e non sufficientemente sviluppata né popolata, parte del business legato alla prostituzione dai principali quartieri di piacere della città. Uno degli intenti era sicuramente quello di incrementare il volume di persone che gravitavano nella zona occidentale di Tokyo. Questo articolo racconta molto bene lo sviluppo di Shinjuku come centro economico di Tokyo e del Paese.
Nel 1921 il trasferimento di parte delle strutture per l’intrattenimento e il business a luci rosse fu completato, ma un grande incendio devastò la zona rendendola inagibile. Comincio immediatamente l’opera di ricostruzione e due anni dopo le strutture erano di nuovo pronte per l’utilizzo. Proprio in quell’anno, nel 1923, il Grande Terremoto del Kanto colpì la capitale e rase al suolo moltissimi edifici e recò ingenti danni. Yoshiwara, il principale quartiere di piacere, non fu risparmiato e il business della prostituzione andò incontro a un crollo severo. Miracolosamente la zona di Shinjuku non registrò danni troppo gravi, e questo favorì la transizione del business dalla zona est di Tokyo alle emergente ovest.
Storico hub della prostituzione
Fino alle fine degli anni ‘50 Shinjuku Nichome era in assoluto uno dei quartiere più prominenti di Tokyo per il business della prostituzione (eterosessuale). Poi accadde qualcosa che segnò le sorti dello sviluppo futuro di questo regno. Nel 1958, infatti, il Giappone mise al bando la prostituzione, che da quel momento diventava illegale. Nel giro di pochi mesi la maggior parte dei locali e degli esercizi adibiti alla prostituzione dovette chiudere i battenti, e trasferirsi altrove sparpagliandosi per la città. Il quartiere di Shinjuku Nichōme, tutt’a un tratto, era spopolato.
La svolta degli anni ’50 e la virata di Shinjuku Nichome in chiave gay
Fu un uomo avanguardista e intraprendente rispondente al nome di Mitsuyasu Maeda a stabilire il destino di Nichōme. Maeda gestiva nella zona già da alcuni anni una normale sala da tè, il “Ran’ya”(蘭屋), che decise di convertire in locale per omosessuali. Ovviamente all’epoca, considerando il pesante pregiudizio che stigmatizzava l’omosessualità, non si pronunciava, non si scriveva, non si usava in nessuna forma quel vocabolo. I clienti e i gestitori agivano con un codice basato sul silenzio assenso.
Con la messa al bando della prostituzione e lo svuotamento dei locali di Nichome, Maeda acquistò gran parte del terreno della zona, e investì nella proliferazione di business a tematica gay, attraendo dalle zone storiche di Ueno e Asakusa una gran parte dei bar per omosessuali. Il fatto che Maeda fosse originario di Okinawa spiega anche perché, tutt’ora, a Nichōme si trovano parecchi ristoranti di cucina di Okinawa e Amami. Inoltre, all’epoca, non di rado lo staff dei bar gay offriva servizi di sesso a pagamento ai clienti qualora lo richiedessero. Questa modalità di business era tutto sommato in linea con il carattere originario di Nichōme, come era stato fino agli anni precedenti.
Il passa parola sortì effetto. Nel giro di una decina di anni, alla fine degli anni ’60, il quartiere di Shinjuku Nichome era ormai popolato per la quasi totalità da bar, club, negozi, sale da tè per omosessuali. Tuttavia non esisteva ancora un senso di comunità, infatti la vita notturna dei bar era vissuta in completa clandestinità. I clienti in procinto di lasciare il bar chiedevano ai camerieri di affacciarsi prima fuori a controllare che non stesse passando nessuno.
Barazoku, la prima rivista gay del Giappone
È in questo clima di grande fermento che nasce Barazoku, la prima rivista del Giappone a tematica gay rivolta esclusivamente a un pubblico omosessuale. Sin dalla sua fondazione nel 1971, Barazoku contribuirà in maniera inestimabile alla nascita del primo vero e proprio nucleo di comunità omosessuale giapponese. L’incontro virtuale dei lettori prima sulle pagine della rivista e poi concretamente nei locali appositi fu il punto di partenza. I trent’anni di vita di Barazoku raccontano la nascita e l’affermazione della Tribù delle Rose, l’influenza che la rivista ha esercitato sullo sviluppo di Nichome e viceversa rappresentando il punto di partenza della comunità e delle moderna cultura gay giapponese.
…E io, che non potevo farmi scappare l’occasione, ci ho scritto su un libro. Se vi interessa il tema, non perdete i prossimi aggiornamenti! A presto con altre pillole di storia LGBT e molte altre info su Barazoku e la sua Tribù delle Rose.
Stay tuned!